Tensione in Fiat per lo stop delle bisarche

Dauna parte la crescita della protesta anche in forme meno civili dei piccoli padroncini delle bisarche, dall'altra la Fiat che sconta per lo sciopero un calo della produzione e la necessità di chiudere temporaneamente gli stabilimenti. L'escalation è dietro l'angolo e proprio ieri il Lingotto ha lanciato l'allarme per la protesta che sta provocando «gravissimi danni alle aziende automobilistiche» e, negli ultimi giorni, è accompagnata da atti di violenza, incendi di mezzi, minacce e aggressioni ad autisti che non aderiscono allo sciopero. «Lunghi e numerosi ritardi nelle consegne del prodotto ai concessionari e ai clienti - ha osservato il Lingotto - comportano pesanti conseguenze sulle fatturazioni e sulle immatricolazioni in Italia e all'estero. Lo sciopero sta provocando danni particolarmente gravi per Fiat Group Automobiles, che è stata costretta a fermare più volte l'attività in alcuni stabilimenti italiani, con rilevanti perdite economiche per l'azienda e per i lavoratori». Nei giorni scorsi la casa torinese ha parlato di un calo della produzione di 20.000 veicoli e di un impatto negativo di circa il 10% sulle quote di mercato di marzo. La prossima settimana si fermerà Cassino nei giorni 27, 28 e 29 marzo, mentre il Giambattista Vico di Pomigliano d'Arco, dove viene prodotta la nuova Panda in fase di lancio in Europa, sarà chiuso il 26 e 27 marzo. L'allarme ha sortito comunque l'effetto di avvicinare le parti. Per la prima volta da quando la protesta è iniziata ieri in un albergo nei pressi dell'aeroporto di Linate a Milano, i bisarchisti italiani hanno incontrato i committenti delle case automobilistiche. «Non pretendiamo la luna - ha spiegato un operatore - chiediamo solo il riconoscimento delle spese vive, perché oramai è da tre anni che viaggiamo in perdita». Unionmeccanica Confapi, 40 mila imprese con 450 mila addetti, ha parlato di «notevoli problemi anche al sistema delle piccole e medie imprese che ruota attorno al comparto dell'automotive», e chiede che «tutte le parti in causa assumano un atteggiamento di grande responsabilità, perché non è certo con il muro contro muro che si possono risolvere i problemi».