Confucio ci aiuterà contro Maometto

Al timbro abbastanza cupo delle previsioni che si fanno sull’eventuale successione, nel governo dell’economia mondiale, di una possibile aurora cinese al temuto o sperato tramonto americano, vorrei aggiungere una nota di dissennata spudorata letizia. Il mio ottimismo nasce dall’idea che proprio nella Cina la civiltà occidentale potrebbe alla fine trovare il suo più potente alleato oggettivo nel suo scontro con quella islamica. Lo so che c’è chi pensa esattamente il contrario. Ossia che il vero pericolo per l’Europa e l’Occidente non sia affatto l’orgoglio musulmano ma proprio quello cinese. Che ad accopparci non sarà il rumoroso terrorismo islamico ma la silenziosa crescita economica della Cina. E che insomma la vera minaccia non è il distruttivo ma inconcludente furore dei devotissimi figli di Allah ma l’industriosa e allegra intraprendenza dei miscredenti alunni di Confucio. Io invece mi sono iscritto da un pezzo (diciamo dall’11 settembre del 2001) al club di quanti pensano che per noi i cinesi non siano affatto il pericolo numero uno. E questo per la semplice ragione che essi – diversamente dagli arabi maomettani, che ci odiano e disprezzano, o fingono di disprezzarci – sono ormai diventati, per molti aspetti, escluso ovviamente l’assetto socio-politoco del loro paese – più occidentali di noi. E lo stanno dimostrando facendo e sognando, in molti campi, le stesse cose che facciamo e sogniamo noi. Ossia non solo il lavoro, la produzione, il commercio, gli affari, il benessere e il nostro stile di vita, ma anche la nostra arte, la nostra poesia, la nostra filosofia, il nostro teatro e la nostra musica – insomma la nostra cultura. Che essi a volte capiscono e ammirano persino più di noi, e che riescono ad apprezzare senza rinnegare la loro, giacché, nonostante tante appariscenti differenze, la sentono per certi aspetti “sorella”. Fra l’altro non passa ormai quasi giorno senza che tutto questo non trovi ai miei poveri occhi una manifesta conferma in qualche minuscolo ma a mio sommesso parere eloquentissimo indizio. Vedi i seguenti cinque piccoli segnali che ho potuto registrare nelle ultime settimane: 1) Sfogliando un saggio su Michelangelo di due studiosi cinesi (Shen Dali e Dong Chou, “Michelangelo Buonarroti”, edizioni Spirali) constato che è pieno di citazioni di poeti occidentali antichi e moderni, da Omero, Virgilio e Ovidio a Dante, Ronsard e Corbière. 2) Un amico musicologo, al quale chiedo chi siano oggi i migliori interpreti dell’opera pianistica di Mozart, mi segnala ben cinque pianisti cinesi: i bravissimi Fou T’song, Lang Lang e Fu Cong e le due non meno eccellenti che incantevoli Jin Ju e Xianji Liao. 3) Discorrendo con un noto armatore sorrentino dei gravi problemi di Napoli, apprendo che se oggi il nostro porto è il più importante del Mediterraneo, questo si deve al fatto che per le sue banchine, con grande vantaggio per l’economia campana, passa il 70% delle merci provenienti dalla Cina. 4) Dovendo passare, per recarmi a fare gli auguri a un vecchio amico malato, per la romana piazza Vittorio, mi accorgo che la sua conquista da parte dei bottegai cinesi l’ha ormai trasformata in una piccola, pacifica, operosissima e allegra China Town in cui se dio vuole a nessuno può saltare in testa di voler conquistare il paradiso con una bella strage di infedeli. 5) Avendo chiesto a quel vecchio amico qualche ragguaglio sui costumi e le credenze religiose dei nuovi palesi padroni della piazza in cui abita, egli mi confessa di non saperne niente, giacché finora, fra quella gente, la sola traccia di vita religiosa che ha potuto registrare è qualche sobrio indizio dell’antico culto privato degli antenati, inviso (com’è noto) ai maomettani. Questo vasto popolo di immigrati non dà insomma nessun segno di ostilità verso il mondo in cui si sono integrati. Il loro stile di vita rimanda piuttosto a un intreccio di rivalità, competizione e ammirazione mimetica che è esattamente il contrario di quel radicale rifiuto della modernità che è il vero nòcciolo del fondamentalismo islamico. Occorre perciò ammettere che se accadrà che la Cina su qualche fronte ci batterà, i suoi stessi successi recheranno, paradossalmente, il marchio dell’Occidente. Sicché non è azzardato immaginare che l’esito di questo confronto, anziché configurarsi come la vittoria di una parte e la sconfitta dell’altra, potrebbe anche presentarsi, se non proprio come il prodotto di un felice incontro fra fratelli, quanto meno come il risultato di una feconda simbiosi fra “culture” affini. Fantasie? Può darsi. Che però potrebbero incontrare il consenso del grande Claude Lévi-Strauss. Che ormai mezzo secolo fa, nelle ultime pagine di quel libro in ogni senso mirabile che è “Tristi tropici”, riflettendo sulla storia dei rapporti fra l’Europa e l’Oriente, osservò che l’Islam li aveva gravemente danneggiati interrompendo, col suo fanatico monoteismo, gonfio di altezzoso rancore, “un girotondo in cui le mani dell’Oriente e dell’Occidente erano predestinate ad allacciarsi”. Non mi sembra insomma gratuito sperare che il saggio e mite Confucio possa aiutarci a bloccare il devoto e furioso Maometto...