Nessun colpevole per il crac Parmalat

Quattrobanche straniere e sei loro manager non hanno drogato il mercato raccontando favole ai risparmiatori ai quali venivano venduti bond spazzatura su una Parmalat che di lì a poco, nel dicembre 2003, sarebbe stata annientata da un buco da circa 15 miliardi. È un verdetto per certi versi sorprendente quello pronunciato dai giudici della II sezione penale del Tribunale di Milano che hanno assolto dal reato di aggiotaggio con le formule del «non aver commesso il fatto» e «il fatto non sussiste» Carlo Pagliani, Paolo Basso (Morgan Stanley), Marco Pracca, Tommaso Zibordi (Deutsche Bank), Paolo Botta (Citi) e Giaime Cardi (Credit Suisse). Cade anche l'accusa per gli istituti di credito di aver violato la legge 231, non predisponendo modelli organizzativi per prevenire i reati commessi dai dipendenti. Una sconfitta bruciante per i pm Francesco Greco, Carlo Nocerino ed Eugenio Fusco che avevano chiesto condanne a pene tra un anno e un anno e quattro mesi per 5 funzionari e il non doversi procedere per il dipendente di Credit Suisse First Boston, oltre alla confisca per quasi 120 milioni di euro per Morgan Stanley, Deutsche Bank, Citigroup e Bank of America e per ognuna una sanzione da 900 mila euro. Delusione contenuta tra i risparmiatori che, comunque, avrebbero recuperato poco vista la prescrizione imminente per l'aggiotaggio. «Hanno recuperato molto più di quanto pensavano. Hanno recuperato il 50% con il concambio obbligazioni-azioni e con le transazioni il 30-35%», considera il loro storico alfiere, l'avvocato Carlo Federico Grosso, sottolineando che si è trattato del «recupero più elevato in un crac di queste dimensioni». Anche in Procura, pur con l'amarezza del caso, si fa notare che «le indagini erano doverose» e, proprio in virtù delle transazioni, le banche imputate in passato avevano versato svariati milioni di euro anche alla Parmalat, consentendole di recuperare credibilità sul mercato. Oggi, però, è il giorno della vittoria per gli istituti esteri. «A 65 anni - dice Nerio Dioda, difensore di Citigroup, c'è l'emozione per un grande atto di giustizia vera. Voglio fare i complimenti al tribunale che in una situazione difficile, in cui c'erano pressioni importanti, ha avuto la forza e l'indipendenza per un atto di grande correttezzo». L'avvocato Guido Alleva, che ha difeso il fuzionario di Deutsche Bank, Tommaso Zibordi, addirittura in lacrime ha commentato l'assoluzione del suo assistito definendosi «profondamente felice» per una sentenza «che ha dimostrato l'indipendenza della magistratura giudicante». La Procura non sa ancora se presenterà ricorso per un appello che, in ogni caso, sarebbe solo morale data la prescrizione delle accuse.