La Ue blocca il cartello dello schermo piatto

Siscambiavano tutte le informazioni possibili, comprese quelle non immaginabili perchè dovrebbero essere le più segrete: non solo il range dei prezzi ed i minimali, ma anche i piani di produzione futura, le capacità produttive e le politiche commerciali. Così lavorava il cartello asiatico degli schermi piatti a cristalli liquidi, gli Lcd di televisori, computer e videogiochi. I dirigenti delle coreane Samsung e Lg e quelli delle taiwanesi AU Optronics, Chimei Corp, Chungwa Picture Tubes e HannStar Display Corp. Si sono incontrati almeno una sessantina di volte tra ottobre 2001 e febbraio 2006 per alterare pesantemente la concorrenza su un giro d'affari che nello spazio economico europeo ha generato «oltre 7 miliardi di euro». La Commissione di Bruxelles li ha scoperti ed ha inflitto una megamulta da 648,925 milioni di euro. A parlare per prima, sfruttando stavolta i vantaggi della legislazione europea che garantisce l'immunità totale ai pentiti, è stata la Samsung (a maggio già sanzionata per 145,72 milioni per aver fatto cartello sulle D-Ram con Micron, Hynix, Infineon, NEC, Hitachi, Mitsubishi, Toshiba, Elpida e Nanya). La Lg, che ha dato un ampio contributo all'indagine, ha ottenuto uno sconto del 50% e l'immunità per le attività del 2006. Ma anche AU Optronics e Chungwa Picture Tubes sono riuscite ad ottenere qualche riduzione per premiare la collaborazione. Alla Chimei che non ha ammesso nulla toccherà invece pagare 300 milioni di euro. «Le aziende straniere, come quelle europee, devono capire che se vogliono fare affari in Europa devono giocare pulito» ha commentato Joaquim Almunia, annunciando la settima stangata del 2010 su una attività di violazione delle norme sulla concorrenza. «Quest'anno - ha ricordato il commissario spagnolo - il totale delle sanzioni inflitte ha superato i 3 miliardi di euro». Quello dei pentiti è ormai da anni il meccanismo con cui le autorità anti-trust riescono a colpire le aziende, che continuano a spartirsi i mercati «consapevoli di compiere attività illegali». E lo fanno dissimulando, come capi mafiosi. I coreani ed i taiwanesi del cartello degli schermi piatti ad esempio avevano creato un nome in codice per i loro incontri: «Crystal meetings», li chiamavano. «Le aziende colpite - ha detto Almunia - erano consapevoli di infrangere le regole della concorrenza, ma andavano avanti nel pianificare la loro condotta illegale. L'unica comprensione è stata per quelli che si sono fatti avanti per denunciare il cartello e fornire le prove della sua esistenza».