Pensione a rischio anche dopo 40 anni

Una marcia indietro senza ripensamenti quella del governo sulla norma, introdotta da un emendamento alla manovra, che di fatto negava la possibilità a chi avesse raggiunto i 40 di contribuzione di uscire dal lavoro indipendentemente dall'età anagrafica. Una norma cardine delle ultime riforme in campo previdenziale messa in discussione da una frase inserita nelle pieghe di una modifica al provvedimento per tenere i conti in ordine. Dal 2016 (un anno dopo quanto previsto) anche i lavoratori con 40 anni di contributi sarebbero entrati nel sistema appena varato che prevede che l'età pensionabile sia legata all'aumento dell'aspettativa di vita. Un processo che, sulla base dei dati Istat, sposta in avanti la finestra per uscire dal lavoro tenendo conto di quanto mediamente la popolazione vive. E che ha una conseguenza molto semplice: più si campa e più si deve lavorare. La proposta firmata dal relatore, Antonio Azzollini, viene scoperta nel pomeriggio, e rigettata dopo poco dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, che arriva di corsa in Senato, incontra il relatore e poi spiega: «la norma sui 40 anni è stata un refuso. La cancelleremo». Eppure il testo sembra chiaro e ben studiato al punto da suscitare qualche perplessità sulle intenzioni del governo. Il clamore che si leva è immediato così come il dietrofront del ministro: «Ne ho parlato con il presidente Azzollini. È stato per tutti e due un refuso. Non era intenzione nè del governo nè del presidente della Commissione Bilancio introdurre questa norma» spiega Sacconi. Pericolo sventato. Ma l'emendamento Azzollini introduce anche altre novità: l'aggancio all'aspettativa di vita che l'Istat ogni 3 anni verificherà parte non più dal 2015 ma dal 2016 e riguarda anche le pensioni più basse, cioè quelle «sociali» che il precedente governo Berlusconi aveva innalzato a 516 euro. Inoltre slitta di un anno, passando dal primo gennaio del 2015 al primo gennaio del 2016, l'adeguamento periodico dei requisiti di pensionamento all'aspettativa di vita. L'incremento dei requisiti dal primo gennaio 2016 è stimato pari a 3 mesi, evidenzia la relazione tecnica della Ragioneria dello Stato. Così, secondo le stime, strada facendo si arriva a un adeguamento «cumulato» nel 2050 è pari a 3,5 anni. Nel 2050 si dovrà stare al lavoro fino a 68,5 anni.