Burocrazia e fisco scoraggiano i capitali stranieri

«L'Italia è il Paese meno libero di Europa dal punto di vista economico». Pressione fiscale record, burocrazia, una gabbia di regole. Così per troppi vincoli e troppi ostacoli il nostro Paese «da parecchi anni» non è «un luogo dove imprese e capitali stranieri trovino interessante investire», mentre le aziende italiane sono spinte a spostare altrove gli impianti «alla ricerca di opportunità migliori». È l'allarme che Confindustria lancerà dal Forum di Parma, domani e sabato, dove per il convegno del centro studi di viale dell'Astronomia è attesa una platea record, oltre cinquemila imprenditori. L'analisi è dell'Istituto Bruno Leoni. C'è un «urgente bisogno di interventi efficaci ed anche impopolari»; il confronto con l'Europa è impietoso: emerge «una pessima performance complessiva» dell'Italia, «un problema strutturale peculiare» del nostro Paese, sottolinea la ricerca. «Le nostre imprese, in una scala da zero a cento, godono di una libertà pari a 35, ben sotto la media europea (57) e a distanza siderale dal Paese più libero, l'Irlanda (74)». L'Italia è sempre nelle ultime posizioni per tutti i fattori presi in esame (con l'eccezione della «libertà del lavoro», meglio di Francia, Grecia, Germania e Portogallo) ed è ultima per «libertà dal fisco» e per «libertà dalla regolazione». Così di anno in anno si riconferma il «gap di crescita» con l'Europa: dal 2000 al 2009 mai «l'Italia ha fatto meglio». «Nessun indicatore fiscale dà un'immagine soddisfacente del nostro Paese». L'istituto Bruno Leoni sottolinea che in Italia sono più alte della media europea l'aliquota marginale sul reddito d'impresa, la pressione fiscale sui profitti, l'aliquota massima per le persone fisiche. Poi, «abbiamo 5 scaglioni rispetto a una media di 3» e «per pagare le imposte ci vogliono in media 360 ore l'anno, mentre in Europa ne bastano 254 e nel Paese più virtuoso, il Lussemburgo, solo 58». Di qui la necessità di «una revisione radicale del sistema tributario».