Filippo Caleri f.caleri@iltempo.it L'impatto della crisi ...

Un abbassamento drastico delle sue stime di ottobre quando il Pil era previsto in aumento dell'1,3%. E soprattutto dimezzate rispetto al +0,6% che lo stesso Fmi riteneva ancora raggiungibile a inizio marzo in un documento riservato. Nella frenata brusca della macchina economica l'Italia non è da sola. Una secca riduzione è stata confermata anche per a zona dell'euro il cui Pil, hanno affermato a Washington, registrerà un aumento inferiore all'1,3%, a fronte dell'1,8% stimato a gennaio. «Preoccupato» ma non allarmato per i dati poco incoraggianti è stato Romano Prodi a Bucarest per il vertice della Nato. «È un taglio generale, l'Fmi lo ha fatto su tutti i Paesi», ha osservato il presidente del Consiglio. Meno morbido è stato invece il commento del presidente dell'Eurogruppo, Jean Claude Juncker, secondo cui i numeri del Fmi «si distinguono per un'osservazione della realtà europea non esatta». Per Juncker la crescita del vecchio continente sarà superiore all'1,3%. E i fondamentali dell'economia europea «sono solidi e non si può parlare ancora di recessione». E «anche per l'Italia non sono d'accordo con le stime del Fondo monetario», taglia corto Juncker, precisando di essere invece «molto preoccupato per i livelli elevati di inflazione che si è attestata al 3,5%» in Europa. Complessivamente la crescita mondiale 2008 sarà del 3,7%, in rallentamento rispetto al 4,1% stimato in gennaio, con una possibilità su quattro di recessione globale. I mercati finanziari sono «il principale rischio per l'economia globale». Il paese più penalizzato saranno gli Usa, che dovrebbero crescere solo dello 0,5%, e il susseguirsi dei dati macroeconomici conferma un'estrema debolezza dell'economia: il dipartimento del lavoro ha comunicato ieri un aumento dell'inflazione al 5,1%, a massimi dall'uragano Katrina. Anche il presidente della Fed, Ben Bernanke, ha per la prima volta ammesso nei giorni scorsi che una «recessione negli Usa è possibile».