Autostrade-Abertis, fusione a ostacoli

Dopo le perplessità del mondo politico e e dei mercati. Ieri è arrovata anche l'Autorità dei lavori pubblici guidata da Alfonso Rossi Brigante, ha convocato il presidente dell'Anas, Vincenzo Pozzi, per chiedere conto degli effetti dell'aggregazione. L'audizione, si legge in una nota «si è resa necessaria per acquisire gli elementi di novità eventualmente conseguenti al preannunciato mutamento di assetto societario, a completamento del quadro dell'indagine avviata da questa Autorità, attualmente in fase avanzata di istruttoria, sugli investimenti effettuati e quelli da realizzare in base alle convenzioni autostradali». Un effetto a cascata, insomma. Martedì scorso la stessa Anas aveva convocato i vertici del gruppo Autostrade per valutare gli effetti dell'operazione sulla concessione pubblica. Il dibattito, comunque, va al di là della semplice difesa dell'italianità delle imprese, considerato che investe il settore delle infrastrutture, strategico per lo sviluppo del paese. L'operazione sarà varata dalle assemblee degli azionisti delle due società a giugno, con un rapporto di concambio 1 a 1, un'azione Abertis di nuova emissione, per una di Autostrade. Ai soci di Autostrade andrà però un mega dividendo straordinario da 3,75 euro per azione (poco prima dell'operatività della fusione) con un incasso per la famiglia Benetton di circa 670 milioni di euro. Ma si tratta di vera fusione o di una cessione mascherata? Questo l'interrogativo che con maggior frequenza si sono posti in questi giorni esponenti del mondo politico, prevalentemente del centro-sinistra ed operatori di mercato. L'amministratore delegato della società italiana Vito Gamberale, che peraltro vede molto ridimensionato il suo ruolo da questo matrimonio, ha garantito in conferenza stampa che si tratta di normale fusione. Resta la certezza che il nuovo colosso delle autostrade avrà nome spagnolo, sede spagnola, amministratore delegato spagnolo e cda a maggioranza spagnola. I ricavi delle Autostrade derivano prevalentemente dal livello dei pedaggi, decisi dal Cipe sulla base del «price-cap», un meccanismo basato sui costi e i livelli di manutenzione garantiti e degli investimenti programmati. Elementi, questi, secondo alcuni critici, a rischio con lo spostamento del baricentro a Barcellona. Il piano di investimenti per l'Italia derivante dalla fusione «è quello già previsto da Autostrade - ha precisato Gamberale - non ci sono in Italia possibilità di ulteriori risorse». Autostrade spa, la società oggetto dell'operazione finanziaria, è una holding nella cui pancia si trova Autostrade per l'Italia, la società titolare della concessione da parte dell'Anas per gli oltre 3.800 chilometri di autostrade fino al 2030.