NEL MIRINO CAPITALIA E POPOLARI

Così, mentre Bnl scendeva sotto il prezzo d'Opa (-2,56% a 2,89 in chiusura) e Unipol brindava all'accordo siglato coi francesi (+6,98% a 2,79), un fiume di denaro si è riversato sui titoli della quasi totalità degli istituti di credito sin dai primi minuti di contrattazioni, prediligendo comunque quelli giudicati più contendibili e oggetto di possibili acquisizioni. Sugli schermi degli operatori di Piazza Affari gli ordini di acquisto si sono concentrati sull'istituto guidato da Matteo Arpe (+7,57% a 5,72) che a ottobre vede gli olandesi di Abn decidere se uscire dal patto, Credem (+5,82% a 10,5), Carifirenze (+3,79% a 2,6) dove peraltro Bnp ha già una quota, Intesa (+3,21% a 4,88), Mediobanca (+4,03% a 16,23), San Paolo (+3,59% a 14,1), Meliobanca (+2,07% a 3,3) e anche il piccolo Banco Desio (+3,34% a 6,3). Meno forti invece Mps (+1,92% a 4,09) e Carige (+1,59% a 3,58), nel cui azionariato sono fortemente presenti le Fondazioni. Trascurata Unicredit (+0,82% a 5,8) impegnata nell'aggregazione con Hvb e nel braccio di ferro con le autorità polacche. Discorso a parte meritano le Popolari che, per via della «clausola di gradimento» dei soci a disposizione del cda e del voto capitario (un socio, un voto indipendentemente dal numero di azioni possedute) sono meno scalabili da un soggetto ostile esterno. Nulla impedisce però a più Popolari di aggregarsi fra loro per fare massa critica come auspicato negli ultimi mesi dal presidente di Bpm Antonio Mazzotta. In quest'ottica vanno letti i rialzi pesanti sulla Bpm (+7,15% a 10,6), Popolare Verona e Novara (+4,86% a 19,76), Bpu (+3,29% a 19,97), Bpi (+2,96% a 8,49) e Popolare Emilia Romagna (+1,75% a 45,2).