Legge Biagi, guerra di cifre sui risultati

Che ha riformato il mercato del lavoro e che, ieri, ha compiuto due anni dall'entrata in vigore. Sul provvedimento fortemente voluto dal ministro del lavoro, Roberto Maroni, ieri la Cgil è tornata a dare un giudizio negativo presentando un rapporto del suo centro di ricerca secondo il quale non ha stabilizzato i «falsi collaboratori» e non ha creato nuova occupazione. Ma le accuse sono state respinte al mittente dal sottosegretario al Welfare Maurizio Sacconi che parla di «operazione cialtronesca della sinistra», ma anche da Cisl e Uil che hanno sottolineato gli aspetti positivi della legge. Quindi sulla riforma del mercato il lavoro il sindacato resta spaccato come tre anni fa quando a palazzo Chigi su queste materie si firmò, senza la Cgil, il patto per l'Italia. «Non ha creato occupazione stabile - sottolinea il leader della Cgil Guglielmo Epifani - si è passato da un lavoro precario a un altro lavoro precario». «Dire che la legge Biagi ha creato maggiore precarietà nel mercato del lavoro è ingeneroso oltre che falso - replica il segretario confederale della cisl Raffaele Bonanni - merito della legge Biagi e aver chiarito la natura autonoma del contratto a progetto e fatto emergere decine di migliaia di rapporti di lavoro dipendente mascherati» da collaborazioni coordinate e continuative. E proprio sulle collaborazioni coordinate e continuative per le quali lunedì scadrà definitivamente la proroga è in atto lo scontro sul «bilancio» della legge delega (attuata dal decreto 276/2003 entrato in vigore il 24 ottobre di quell'anno). L'intenzione del Governo era fare chiarezza sulle centinaia di migliaia di collaborazioni esistenti cercando di chiarire quali erano davvero autonome e quali rapporti sostanzialemente subordinati ma «mascherati» da autonomi. In caso di lavoro autonomo la collaborazione è trasformata in contratto a progetto mentre nel caso il progetto non sia individuabile ma piuttosto il rapporto su configuri come sostanzialmente dipendente (con vincoli di dipendenza, di orario e di subordinazione) la collaborazione si trasforma in contratto di lavoro dipendente. A difendere i risultati positivi della legge Biagi è sceso in campo Saccon, che ha difeso la riforma e ha sottolineato i risultati registrati dal Paese in questi anni sul fronte dell'occupazione: «Questa legge - ha detto - ha aumentato le garanzie. Mettendo a confronto i dati del secondo trimestre 2005 con il terzo trimestre del 2000 abbiamo avuto 1.200.000 posti di lavoro in più, di cui 711.000 hanno riguardato donne. L'incremento dei tassi di occupazione è arrivato al massimo storico del 57,7%». Sacconi ha poi evidenziato come l'aumento dell'occupazione sia «stabile» con l'87,6% dei contratti a tempo indeterminato. «Certo siamo ancora indietro - ha concluso - ma interessante è il rapporto con la bassa crescita. Fino al 2001 in Italia cresceva molto di più il Pil rispetto ai posti di lavoro. Poi il rapporto si è invertito tranne una breve fase nel 2004» Secondo lo studio dell'Ires-Cgil presentato ieri invece, solo il 6,5% degli ex co.co.co ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato mentre il 7,3% degli ex co.co.co non lavora più o lavora senza contratto. «La legge 30 ha fallito - ha spiegato il segretario del sindacato dei lavoratori atipici della Cgil (la Nidil) che ha commissionato la ricerca, Emilio Viafora - aumentano gli abusi e nello stesso tempo diminuisce la durata temporale dei singoli contratti che dalla scadenza di un anno passano a quella di sei o addirittura tre mesi».