Più poteri a Roma per spingere le imprese

Ma per riuscirci la città ha bisogno di nuovi poteri». Non ha dubbi il presidente della Camera di commercio capitolina, Andrea Mondello: un'alleanza tra i grandi enti locali è la strada giusta per rivendicare l'autonomia che serve alla Capitale. E così spianare la strada alla crescita dell'economia locale. Si torna a parlare di una sua vecchia proposta: dare maggiori poteri per Roma. Ma per farne cosa? «Diciamo la verità: Roma è una realtà particolarissima, che ha continuato a crescere anche in anni difficili, quando sembrava meridionalizzarsi e perdere quota in qualità dei servizi. Un trend che è cambiato: oggi Roma è il motore del Centro Italia. E questo non solo per l'aspetto economico. Adesso però bisogna decidere che futuro dare a questa città. Se l'obiettivo è continuare a crescere, allora non c'è alternativa: servono amministrazioni forti, capaci di programmare e realizzare progetti complessi. Ma soprattutto, di superare i veti che bloccano le opere. E realizzare i piani concordati in tempi rapidi e certi». Non fa una piega. Ma non c'è già l'autonomia degli enti locali, il federalismo, la devolution... «Tutto vero. E tutto utile. Ma già molti anni fa si era fatto notare che l'autonomia dei Comuni da sola non basta ad eliminare la burocrazia, a sbloccare la pubblica amministrazione e a spingere la modernizzazione del Paese. Se a questo aggiungiamo che Roma non è una città come le altre, visto che è l'unica metropoli ad ospitare due Capitali, una grande sede decentrata dell'Onu (la Fao, ndr), un patrimonio culturale immenso e una superfice superiore a quella delle altre 9 maggiori città del Paese, allora è chiaro che qui serve qualcosa di più». Su questo, Regione, Provincia e Comune sono d'accordo. Ma come passare dalle parole ai fatti? «Bisogna iniziare a incontrarsi. Partiamo dalle istituzioni. Ciascuno metta in chiaro i propri obiettivi. E poi iniziamo a costruire un modello. Ci sono esempi importanti, come quello tedesco. Ma qualunque sarà la decisione, l'importante alla fine è costruire una grande prospettiva di sviluppo per la Capitale». Facciamo i maliziosi: non è che tutto questo discorso serve solo a drenare più risorse e a dare mani libere a chi dovrà assegnare le nuove opere pubbliche? «Niente affatto. Ma se qualcuno avesse da obiettare sulle risorse destinate a Roma è ora che gli si dica di stare zitto. Questa città ha avuto meno di quanto merita. E di quanto ha diritto ad avere. Per le mani libere, invece, il discorso è diverso. Nessuno mette in discussione le garanzie. Ma pensare alle grandi trasformazioni senza poteri è utopia. E di questo era convinto anche un grande liberale come Alberto Ronchey. Quando gli fu chiesto di fare il sindaco di Roma pose due condizioni: restare in carica dieci anni e avere i pieni poteri di un governatore». Visto dalle imprese, strappare nuovi poteri per Roma Capitale che vantaggi porterà? «L'effetto di una rivoluzione. E qui non mi riferisco solo alle risorse e ai miglioramenti nel funzionamento della pubblica amministrazione. Un sistema di istituzioni più forte potrà dare alle imprese tutti gli strumenti di cui hanno bisogno per crescere. Un esempio? La forza dell'economia laziale sta nelle piccole e medie imprese. Ma queste da sole non hanno la forza di fare ricerca e innovazione. Enti locali capaci di fare sul serio il marketing territoriale potranno attrarre le grandi imprese e metterle in rete con le piccole. E lo sviluppo può decollare».