DOPO L'APERTURA ECOFIN

Gian Maria Gros-Pietro, direttore del dipartimento economico della Luiss Guido Carli e presidente di Autostrade Spa, spiega in che modo una nuova Europa potrebbe sostenere la ripresa economica. Professore, l'Italia insiste per svincolare alcuni investimenti dal calcolo del 3% come rapporto tra debito e Pil. Questo aiuterebbe la ripresa? «In Italia, credo di sì: ci aiuterebbe a recuperare parte del nostro ritardo come infrastrutture. Ma è necessario che le regole in fatto di libertà degli investimenti siano certe e oggettive, altrimenti si rischia di screditare la reputazione dell'euro. Una moneta poco credibile porterebbe a un aumento dei tassi d'interesse, in base ai quali dobbiamo pagare l'enorme debito che abbiamo. Mi trovo d'accordo con il presidente Ecofin, Junker: si potrebbe creare un patto da modulare a seconda della situazione economica: flessibilità in caso di recessione, rigore in caso di sviluppo». Schroeder ha chiesto maggior autonomia per i governi nazionali. Ogni Paese dovrebbe poter stabilire se un determinato investimento rientri o meno nel calcolo dei parametri. «Sarebbe molto pericoloso, perché potere e responsabilità devono risiedere nello stesso soggetto. Le decisioni sugli investimenti hanno ripercussioni su tutto il continente: certe scelte non possono essere demandate a un singolo governo. Si rischia che motivi elettorali spingano a fare determinate spese, i cui effetti negativi dovrebbero essere scontati dall'intera unione monetaria». A proposito di debito, il commissario per gli affari monetari Almunia sostiene che l'Ue si preoccupa troppo di deficit, e poco di debito; Paesi come l'Italia, se cambiassero le pratiche, sarebbero sotto "stretta sorveglianza". «È l'Italia che deve sorvegliare se stessa, con il debito che ha. L'osservazione speciale riservataci dalla Commissione è pressoché dovuta». E le imprese italiane come vivono la situazione? «Oggi gli imprenditori si lamentano della forza dell'euro, che riduce le esportazioni. Prima protestavano contro i tassi d'interesse alti, che non consentivano di vendere beni d'investimento, perché i finanziamenti per chi comprava erano troppo cari. Ma la situazione attuale è preferibile».