Edilizia, cartello dei cementieri sui prezzi

Dal cemento ai salari degli operai, dai trasporti ai noli, tutti i forti rincari degli ultimi anni fanno sì che, chi costruisce, si trova a dover affrontare spese pesanti come macigni. Ma iniziamo dal prezzo del cemento. In pochi giorni quasi tutti i maggiori produttori, da Italcementi e Colacem a Sacci, hanno deciso di alzare i listini, innescando un'ondata di aumenti a catena che partiranno da fine maggio. Il cemento sfuso 32.5 R, che fa da «benchmark» al settore, è arrivato così a raggiungere punte di 84 euro, quello di classe 42.5 R a sfiorare i 94 euro e il 52.5 R è addirittura volato a quota 103 euro la tonnellata. Record che rischiano di far impennare i costi delle costruzioni. Due anni fa, infatti, lo stesso tipo di cemento quotava 75 euro circa e tre anni fa poco più di 70 euro la tonnellata. All'origine del blitz, sottolineano le aziende del settore, ci sono i «rilevanti aumenti di costo che si sono registrati negli ultimi anni». A far infiammare i listini sarebbero soprattutto l'aumento dei combustibili per cuocere la materia prima, in particolare del carbone, che è agganciato all'andamento del petrolio, ma anche il caro-energia elettrica e il costo del lavoro. Da uno studio presentato nei giorni scorsi a un convegno organizzato dall'Igi sulle oscillazioni dei prezzi negli appalti e nelle concessioni risulta che in pochi anni il costo di un operaio specializzato è passato dai 18 euro l'ora del 2000-2001 ai 23-25 euro degli anni 2003-2003 ai 27-30 del 2004-2005, con incrementi di circa 5 euro l'ora nel biennio, oltre al 10%, e quindi ben al di sopra del tasso di inflazione programmato. Ma c'è un altro elemento che contribuisce a innescare il caro-cemento. Si tratta dell'aumento generalizzato del costo dei trasporti, causato dai rincari della benzina e del gasolio. Su quest'ultimo capitolo incide, in parte, anche l'aumento dei noli, determinato dall'esplosione delle importazioni di materie prime dalla Cina. La domanda di trasporto marittimo, infatti, è molto cresciuta e i noli sono scattati verso l'alto, penalizzando le importazioni di cemento e di clinker, un semilavorato utilizzato per la produzione del cemento. Intanto, è frattura tra i big del cemento nel piano del ministero dell'Ambiente sulle quote di gas serra, determinante per il futuro delle aziende del settore. Fallito il tentativo di arrivare ad un fronte comune, la polemica divampa e il rischio è di arrivare a una spaccatura dell'Aitec, l'Associazione italiana tecnico-economica del cemento che fa capo a Confindustria e raggruppa i più bei nomi del settore, da Italcementi a Buzzi a Colacem, Cementir, Holcim e Cementirossi. Secondo alcune fonti, dopo le prese di posizione anche molto forti di alcuni soci Aitec si potrebbe addirittura arrivare alle dimissioni del presidente, Giacomo Marazzi. La posta in gioco infatti è molto alta. Si tratta di stabilire regole decisive per un settore al secondo posto per importanza in Europa, che contribuisce per quasi il 9% al Pil italiano e che nel 2003 ha registrato investimenti per quasi 92 mila milioni di euro.