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«I risparmi non si fanno tagliando posti di lavoro»

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Il presidente della Provincia Gasbarra e il sindaco Veltroni hanno presentato un progetto di rilancio

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E' questo il messaggio lanciato dal sindaco di Roma Walter Veltroni, e dal presidente della Provincia di Roma, Enrico Gasbarra, che ieri hanno presentato uno studio commissionato alla Earchimede Consulting per verificare quali strategie possano essere d'aiuto alla compagnia di bandiera per rilanciarsi senza lasciare per strada 1.100 occupati, o limitando le perdite a 750 o 450 unità. Un tema caro al territorio romano che da Fiumicino ricava il 7 per cento del Pil regionale. Eppure è proprio sul sistema aeroportuale nazionale sono nate le prime difficoltà, in particolare con Malpensa e Linate, che prendono quote di mercato proprio mentre nel 2003 Fiumicino ha avuto un incremento passeggeri del 3,7 per cento in più rispetto al 2002 e lo scalo di Ciampino è cresciuto persino dell'87 per cento. «Con i suoi 26 milioni di passeggeri l'anno e rispetto ai 17,5 milioni di Malpensa - ha detto Gasbarra - lo scalo romano dimostra la sua centralità nel sistema di trasporto aereo del paese con i numeri e con i fatti». Buoni risultati e centralità dimostrata non hanno prodotto però un piano aziendale, il «piano Mengozzi», di crescita come invece avrebbe preferito Veltroni: «Il nostro è un contributo per un'ipotesi di piano industriale che sia guidato lungo un'idea forza: rilanciare Alitalia e non avviare una riduzione del suo ruolo». Secondo l'advisor scelto da Comune e Provincia il piano formulato finora dai dirigenti Alitalia ha due vizi: è troppo incentrato sul taglio dei costi e poco sullo sviluppo della compagnia, basando molto su un taglio del personale, personale che incide invece solo sul 23 per cento del budget aziendale. Le debolezze di Alitalia invece sono frutto non solo della crisi del settore ma di alcuni fattori rallentanti e di una strategia industriale in grave ritardo rispetto ai competitori continentali. Alitalia ha infatti appena il 49 per cento dei voli interni (Air France è all'85 per cento), paga carburante il 15 per cento in più delle altre compagnie, non sfrutta la produttività dei suoi lavoratori (i suoi piloti volano tra il 15 e il 20 per cento in meno dei loro colleghi stranieri), dispone di troppi modelli di aeroplano (ben 10) mentre le altre compagnie ormai risparmiano utilizzandone un minor numero, possiede troppi aerei mentre ci sono compagnie come l'Iberia che preferiscono finanziare i due terzi della flotta con strumenti di leasing. Certo, l'azienda dovrebbe trovare 370 milioni di euro per evitare i licenziamenti in programma. Tuttavia va considerato, dicono gli advisor, che se il 77 per cento del budget aziendale non riguarda le risorse umane solo i costi di carburante e manutenzione incidono sul 90 per cento dei costi riservati al personale, la pubblicità invece incide addirittura per tre quarti. Così il suggerimento che arriva è quello di seguire le previsioni crescita per il 2003-06 (crescita dell'8,8 del numero passeggeri e del 12,3 per cento delle merci), lanciarsi in un'alleanza strategica nazionale (con Volare e Meridiana si arriverebbe al 69 per cento dei voli nazionali), produrre di più, tagliare costi sugli aerei e riorganizzare un sistema aeroportuale che non faccia più sì che il terzo paese d'Europa per numero voli abbia solo il settimo e il tredicesimo aeroporto continentale. Anche con l'aiuto del governo.

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