Melfi: la Fiat sospende il lavoro e scoppia la protesta

Il «senza lavoro», cioè l'impossibilità di eseguire le produzioni con la conseguente messa in libertà del personale, è scattato alle 7,30, dopo che i lavoratori dell'Arvil, una delle aziende che operano all'interno dello stabilimento Fiat e che movimentano i materiali per la produzione tra le varie postazioni di lavoro, avevano cominciato uno sciopero per chiedere miglioramenti salariali e una diversa organizzazione del lavoro. Prima venerdì e poi sabato vi era stata una analoga situazione e vi erano state delle proteste soprattutto dei lavoratori che provengono dai comuni più lontani da Melfi e che in alcuni casi fanno anche un viaggio di un'ora e mezza. «L'azienda - è la loro accusa - sapeva che si sarebbe verificata un'altra situazione del genere e non ha fatto nulla per evitare spostamenti inutili». Per l'azienda, invece, è stato tenuto lo stesso comportamento di casi analoghi in presenza di situazioni di mancanza di materie prime. La protesta ha poi fatto emergere vecchie richieste, ma anche antiche divisioni tra i sindacati. Melfi ha una diversa organizzazione del lavoro e anche il salario dei lavoratori è più basso rispetto a quello del resto del gruppo: i sindacati calcolano questa differenza in circa 1.500 euro l'anno. Inoltre, da anni i lavoratori chiedono una diversa organizzazione del lavoro, in particolare, una rotazione dei turni che elimini la cosiddetta «doppia battuta», cioè la ripetizione per due settimane consecutive del turno notturno. «Questo - spiegano gli operai ai cinque blocchi che "isolano" la fabbrica - è uno stabilimento che ha una produttività ai primi posti in Europa, ma che non ripaga i lavoratori dell'attività svolta». Melfi è, tuttavia, anche un luogo dove i rapporti tra i sindacati sono stati sempre difficili, dove le iniziative unitarie sono rarissime e anche quando ci sono state si sono sempre sviluppate tra sospetti e diffidenze. E così è avvenuto anche ieri, prima il documento che ha avviato la protesta è stato firmato da delegati di tutte le organizzazioni, poi Fim, Uilm e Fismic hanno sconfessato le «firme». «Questo modo di protestare - hanno sostenuto - non ci appartiene». Nonostante le differenze, tuttavia, la richiesta di cambiare l'organizzazione del lavoro è comune, anche se i toni sono differenti e le iniziative per ottenere i cambiamenti diametralmente opposte. Fiom, Failms, Slai-Cobas e Ugl scommettono sulla capacità dei «blocchi» di portare l'azienda ad un tavolo di trattativa, richiamandosi alla protesta pacifica, ma ferma di Scanzano Jonico (Matera).