L'affare dell'azienda di Ciarrapico

Un altro buco nero della galassia Parmalat, visto che la società siciliana di acque minerali con 47 dipendenti non ha mai ripreso la produzione. Anche su questa operazione stanno indagando i pm milanesi nell' ambito del crack Parmalat, dopo le presunte ammissioni dello stesso Tanzi che avrebbe attribuito un ruolo nell' affare al presidente di Capitalia, Cesare Geronzi. I contorni dell' operazione emergono da una relazione dell' Autorità garante della concorrenza e del mercato alla quale l' 11 gennaio 2002 la Cosal srl inviò l'incartamento per il via libera all' acquisto della società siciliana. Dal provvedimento d' esame n. 10399 dell' Autorithy (7 febbraio 2002) risulta che il capitale sociale della Cosal, con sede legale a Rende (Cosenza), era detenuto per lo 0,5% dalla Gfa srl e per il 99,5% dalla Pescal srl, «facenti capo - si legge nel documento - alla famiglia Tanzi che, come è noto, controlla il gruppo Parmalat». In sede di verifica della compravendita l' allora Garante, Marco D' Alberti, sottolineava che «la Cosal non ha svolto alcuna attività nell' ultimo triennio» e quindi «non ha realizzato alcun fatturato per l' anno 2000». «Tuttavia - aggiungeva - il fatturato consolidato realizzato nel 1999 dal gruppo Parmalat, è stato di circa 6,3 miliardi di euro, di cui circa 1,5 mld realizzati in Italia». La famiglia Tanzi entra dunque anche nel mercato delle acque minerali, dove fino ad allora, come rilevava il Garante, Parmalat era presente con una quota dell'1%, salita al 2% dopo l' acquisto della Siciliana acque minerali srl (proprietaria dei marchi Ciappazzi e Artemia) dalla Figeria srl, società del gruppo Ciarrapico e che in Sicilia opera nello stabilimento di Terme Vigliatore (Messina), con 47 dipendenti. Da quando Tanzi è subentrato a Ciarrapico, lo stabilimento però non ha ancora ripreso la produzione.