Il super euro crea preoccupazioni

La moneta unica europea ha toccato un nuovo massimo di 1,2361 dollari e ora oscilla attorno a 1,2340 (1,2322 degli ultimi scambi dell'altro ieri), creando più di una preoccupazione sulla sostenibilità per il sistema di Eurolandia. Gli analisti, inoltre, non escludono un rally dell'euro oltre quota 1,30. Ma già l'attuale livello è, secondo Confindustria, troppo rischioso per la fragile ripresa dell'eurozona, mentre gli imprenditori francesi hanno suggerito un taglio dei tassi di interesse da parte della Bce per sostenere l'export. Ma il biglietto verde affonda sempre di più sotto il peso del deficit delle partite correnti che, sebbene nel terzo trimestre abbia registrato una flessione a 135 miliardi di dollari (dai precedenti 139,4), resta comunque a livelli di guardia. Anche nel terzo trimestre, infatti, le importazioni negli Usa sono state superiori alle esportazioni, mentre continua a calare l'afflusso di capitali dall'estero con cui gli Stati Uniti finanziano il disavanzo commerciale. Gli investitori esteri privati hanno acquistato titoli del Tesoro Usa per 49,9 miliardi di dollari (contro i 55 mld di saldo netto nel trimestre precedente), mentre gli acquisti netti da parte di investitori esteri di azioni e bond statunitensi hanno registrato un saldo di 9,6 miliardi di dollari dagli 86 miliardi del secondo trimestre. Per gli esperti solo gli investimenti da parte delle banche centrali estere continuano a garantire un piccolo sostegno al disavanzo commerciale e quindi alla moneta americana. A rendere poco appetibili gli asset finanziari statunitensi è sempre il basso livello dei tassi di interesse, fermi all'1%, ai minimi da 45 anni. E la Fed, secondo gli addetti ai lavori, può rinviare ancora un rialzo del costo del denaro dal momento che l'inflazione resta molto bassa: il core rate (al netto di alimentari ed energia) è ai minimi da 21 anni segnando un calo dello 0,1%, il livello più basso dal novembre 1982. Restano, insomma, zone d'ombra sulla crescita dell'economia americana che, per quanto brillante, non riesce a rimettere in moto il mercato del lavoro nè la dinamica dei prezzi. Nel frattempo, però, la produzione industriale è salita a novembre dello 0,9%, l'incremento maggiore degli ultimi quattro anni, e la produttività del 75,7%. Da segnalare infine il nuovo rally del franco svizzero balzato ai massimi da sette anni sul dollaro a 1,2567 (da 1,2609 di ieri) prima di ripiegare a 1,2585. Lo yen passa di mano a 107,4 (da 107,5) mentre rispetto all'euro scivola a 132,6 (da 132,0 delle quotazioni Bce dell'altro ieri).