Cirio, si tratta per il salvataggio

Le associazioni dei consumatori, però, si schierano subito: nessun sì a un piano alternativo se non cambieranno le condizioni per gli obbligazionisti e i piccoli azionisti. Per prendere tempo, comunque, i soci hanno accettato la richiesta del cda di Cirio finanziaria, terminato dopo l'una di notte, e hanno spostato a domani 31 luglio l'assemblea prevista per ieri, per tentare tutte le strade possibili ed evitare l'amministrazione controllata o, peggio, il fallimento, «nell'interesse dei creditori, della società e degli azionisti». «Prendiamo altro tempo», ha detto il presidente Gianni Fontana al termine del cda, che non ha potuto far altro che prendere atto della bocciatura del piano di salvataggio, da parte di quattro assemblee su sette. Proseguono, quindi, le trattative, nel tentativo di trovare un accordo tra le banche e con gli advisor e i dirigenti, per integrare il piano di salvataggio, migliorando le condizioni di rimborso offerte agli obbligazionisti in modo da ottenere il loro via libera. Fra le banche, sostiene una fonte vicina alle trattative, c'è un consenso di massima a rivedere la propria posizione creditoria nei confronti del gruppo Cirio, manca però un accordo sul sacrificio che ogni istituto di credito dovrebbe accollarsi. Ad oggi la posizione delle banche resta improntata alla massima cautela: sia l'idea di una modifica al «piano» Ronchi che quella di un aumento di capitale (idea, che sarebbe stata lanciata da Capitalia) non riesce a mettere d'accordo tutti gli istituti coinvolti. La strada che ha di fronte livolsi, dunque, resta quasi un'impresa disperata. Una possibile soluzione potrebbe arrivare da un aumento dell'impegno finanziario di Euroconserve e dei partner industriali in cordata, e, allo stesso tempo, da un atteggiamento più morbido degli istituti sulla rinuncia ai crediti. Il Movimento dei consumatori, però, l'unica associazione nazionale presente alle assemblee di Londra, pone due pregiudiziali: le percentuali di rinuncia ai crediti richiesti ai risparmiatori «erano inaccettabili» e il piano Livolsi «avrebbe consentito all'attuale gruppo di comando di continuare a controllare la Cirio Finanziaria» senza prevedere «nessuna forma di tutela dei piccoli azionisti». I futuri amministratori della Cirio Finanziaria, infatti, «sarebbero stati nominati dall'attuale gruppo di comando, responsabile del disastro finanziario della Cirio». Il giudizio su eventuali futuri piani di ristrutturazione del debito non potrà che essere negativo, «se le due problematiche sopra evidenziate non verranno affrontate».