tra rabbia e dolore

Loredana Bertè, mea culpa totale. Su Mia Martini fa piangere la Toffanin

Giada Oricchio

Mia Martini è sempre nel cuore e nella testa della sorella Loredana Bertè: "Non mi perdono per la sua scomparsa. Ha avuto una vita difficilissima". La cantante ha rilasciato un’intervista toccante e al tempo stesso carica di amarezza a Silvia Toffanin, padrona di casa di “Verissimo”. Poi svela un retroscana sulla hit "E la luna bussò". Loredana Bertè, capelli turchini d’ordinanza e felpa lunga in tinta, ha ripercorso le tappe più importanti della sua vita, dalla famiglia difficile agli esordi musicali passando per il legame strettissimo con Mimì: “Aveva solo 3 anni più di me, eravamo sempre insieme, vivevamo in simbiosi. Ci proteggevamo reciprocamente”. Cresciuta con la regola del “niente”, cioè del non aver niente (“Le feste erano bandite, mai i compleanni e mai il Natale, erano stelle mancanti”), avevano l’unico divertimento nel luna park vicino casa: “Ci stavamo tutto il giorno e quando dovevano chiudere, non ci andava di tornare a casa. Avevamo un padre padrone, erano liti continue. A 15 anni ce ne siamo andate a Roma”. La Bertè ricorda col sorriso gli anni trascorsi con Mimì e Renato Zero: “Dormiva in una brandina in mezzo a me e mia sorella. Sotto casa c’era una pompa di benzina e la mattina facevamo l’autostop. Renato mi diceva dai, Loredana che oggi abbiamo fretta, mettiti gli short. Abbiamo girato tutta Europa con i passaggi. Quando chi ci aveva offerto un passaggio insisteva troppo gli davamo i numeri dell’obitorio, delle case famiglia, degli orfanotrofi, dei seminari”. Ma la Bertè cambia espressione e tono di voce quando ricorda di aver interrotto gli studi d’arte a 8 mesi dalla laurea per l’arresto di Mia: “Le avevano messo uno spinello in tasca e si fece due anni a Tempio Pausania. Ero sconfortata. Andavo a trovarla tutti i lunedì. Quando è stata liberata, prima del processo, l’abbiamo chiusa in una soffitta per un anno intero, poi il reato è andato in prescrizione, non hanno rotto più le pa**e, ma noi l’abbiamo nascosta un anno intero. Mimì ha avuto una vita d’inferno. Poi le malelingue, l’ignoranza della gente, quelli che le hanno appiccicato l’etichetta di portaiella l’hanno fatta morire dentro. Si è rifiutata di cantare per 15 anni”. E Silvia Toffanin inorridita: “Che vergogna! Una cosa schifosa”. La Bertè serafica ha aggiunto: “Quando una è brava l’unica cosa che puoi dirle è che porta iella per eliminarla. Anche l’ultimo tecnico del cavo si toccava le parti basse quando arrivava, molti registi noti di cui non farò i nomi non l’hanno più voluta, dicevano ‘magari si incendia il teatro, casca la scenografia’. Andò a Bagnara Calabra, usciva all’alba con i pescatori e cuciva le reti. E’ una sofferenza continua”. Loredana Bertè non nasconde che la spina è ancora nel fianco e fa male (anche solo a sentirlo raccontare): “ Io mi sento in colpa, perché ho viaggiato tantissimo, ho conosciuto tantissime persone, ho visto chiunque suonare.  Forse un viaggio di meno e starle più vicino avrebbe potuto far cambiare le cose”. Il mea culpa è totale: “Una cosa non mi perdono, non aver preso il telefonino che mi aveva dato perché non mi si trovava. Io avevo messo il fax, che era di De Andrè, per non essere obbligata a rispondere. Chissà come sarebbero andate le cose se avessi preso il telefonino. Con le è morta una parte di me. Io lo sento che quando sono sul palco, lei è dentro di me. E’ lei che mi dà l’energia per concerti che secondo la gente sono pazzeschi. Penso che Mimì oggi sarebbe orgogliosa di me”. La Bertè e la Toffanin (splendida nella sua delicatezza) si prendono per mano, commosse fino a sfiorare le lacrime, poi l’artista: “Se la sogno? Si ogni tanto la sogno. Quando è il nostro compleanno metto due sigarette davanti all’unica foto che abbiamo insieme e dico ‘Mimì questa è la tua sigaretta’ e le dico ‘buon compleanno’. Mi manca da morire. Lei è stata una grande musa per Fossati”.  Cambiando argomento, la cantante rivela come è nato il successo europeo di "E la luna bussò": "Ero in Giamaica, vidi Bob Marley, presi tutti i suoi dischi e li portai a Lavezzi. Gli dissi 'studia! Ma studia bene!' e nacque la canzone che è stata prima in tutta Europa per settimane e mi consentì di fare una tourneè con i Jackson Five".