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Donatella Rettore guarda lontano: "Un duetto con la Salerno"

Carlo Antini

Musica, talent, deejay radiofonici e streaming. E ancora chirurgia estetica e Sanremo. Donatella Rettore ha bisogno di poche presentazioni e, dopo aver venduto quasi 20 milioni di dischi, continua a sognare in grande. È tornata in tv con «Ora o mai più». Una sfida che una come lei non poteva non raccogliere. Donatella Rettore, l’abbiamo appena vista nella prima puntata di «Ora o mai più». Cosa pensa dei concorrenti di quest’anno? «Annalisa Minetti non credo abbia bisogno di un grande spolvero. La considero un po’ la nostra Whitney Houston». In studio c’è anche Marcella Bella con cui c’è stato qualche attrito. Come si è trovata a lavorare con lei? «A me Marcella non è antipatica affatto. Certo, non è una rocker. È una cantante classica ed è brava. In passato da parte sua c’è stata qualche boutade di troppo che ho preferito non commentare. Ma tra noi non è successo nulla». Sui social allora è stato ingigantito tutto. Oggi bisogna fare i conti anche con questo o sbaglio? «Vero. Ormai i social sono diventati la più grande portineria mondiale. Per questo li uso con parsimonia e cerco di evitare le esagerazioni. Una volta scrissi un post contro la caccia e gli animali al circo e mi commentarono: "Uffa che palle, ma canta!"». Meglio la tv allora? Si diverte sul piccolo schermo? «Molto. Conti è un grande capitano ed è pieno di entusiasmo. La sua squadra è costruttiva e ha voglia di lavorare. Sono contenta di Amadeus che mi ricorda il Festivalbar ed è stato un deejay. Oggi i deejay ci mancano tanto». Che intende dire? «Che oggi le radio fanno ascoltare sempre i soliti quattro cantanti. La maggior parte degli artisti vengono boicottati per lotte di potere. E chi ne fa le spese sono i giovani e gli emergenti». Dice che c’è qualcuno che decide per noi? «Le playlist delle radio vengono fatte con le mail delle case discografiche che comunicano gli artisti su cui puntano. Hanno ammazzato i deejay che oggi si riducono a essere solo speaker». La situazione era diversa quando ha iniziato? «Altroché se era diversa. C’era un fermento che oggi si è perso. All’epoca mi sono fatta conoscere proprio grazie alle radio e alle tv libere che trasmettevano davvero la musica che c’era. Non sempre le stesse menate. Veniva lasciata totale libertà di scegliere le playlist che poi erano quelle che decretavano il successo in Italia e all’estero». Non c’è proprio nessuna speranza? «Spero che Freccero non mi deluda e porti finalmente una ventata di novità. Sono certa che presto si svilupperanno nuove piattaforme digitali che sostituiranno le major. Arriveremo a una sorta di autogestione dei musicisti che si terranno i loro diritti d’autore. Ma questo sarà un processo lento che non partirà dall’Italia». E tra i cantanti italiani chi possiamo salvare? «Mi piace Marco Mengoni che canta da Dio ed è anche un bel ragazzo. Poi ci sono Tiziano Ferro e Le Vibrazioni. Mi piacciono anche Noemi, Giorgia e Jovanotti. Tra gli stranieri amo Coldplay, Adele, Annie Lennox e Bublé. Sono una che compra i dischi perché mi rifiuto di ascoltare la musica sugli smartphone. Non è la stessa cosa». E lei che progetti ha? «Stiamo lavorando a un album da far uscire in estate. I pezzi già ci sono. Abbiamo un produttore newyorkese. Resto sempre una cantante pop-rock ma state certi che vi farò ballare. Speriamo che gli editori cambino idea». Come pensa di superare le difficoltà della promozione? «Farò musica e la proporrò in modo diverso. Non partirò dall’Italia e punteremo sullo streaming, come Phil Collins. Ma manterrò anche una quota di vinili che conservano sempre il loro mercato». Tra le sue canzoni quali ama di più? «Kobra. E Lamette tutta sconquassata e isterica. È stata composta a Roma». A proposito, prima di tornare nel suo Veneto lei ha vissuto per tanti anni a Roma. Le manca la Capitale? «Tanto. Mi dicono che adesso ha tanti problemi. Ma secondo me è anche colpa dei romani. Mi piace De Gregori che si è rimboccato le maniche e ha pulito le strade in prima persona. I romani devono imparare a difendere la loro città. Ma abbiamo tanti problemi anche a livello nazionale». A cosa si riferisce? «Siamo diventati un Paese povero e vecchio. Abbiamo una burocrazia tremenda e costi altissimi per fare qualunque cosa. Freniamo su tutto e invece pensiamo al reddito di cittadinanza. Mi auguro che in futuro saremo meno buonisti e populisti. Basta col politically correct». Sanremo è ormai alle porte. Le piace il Festival? «Quasi per niente. Ci sono andata con tanto entusiasmo nel ’77 e certamente mi ha aiutato. Ma non amo le sue polemiche e le chiacchiere che girano in quell’ambiente. Tutto viene frainteso e c’è troppa agitazione. Hanno tutti i nervi a fior di pelle». Non le piace nemmeno il Sanremo targato Baglioni? «Mi fa sorridere questa sua nuova vocazione di organizzatore. L’anno scorso ha avuto un grandissimo successo ed è giusto che gli abbiano dato una seconda possibilità. Sono molto curiosa di ascoltare le canzoni in gara quest’anno». Qual è il sogno del 2019? «Che Chris Martin scriva una canzone per me. È un uomo bello e buono. Non gli trovo un difetto. Ma il mio sogno segreto è lavorare con Sabrina Salerno. È bella e canta bene. In Francia ha un grandissimo successo. Non capisco perché non venga valorizzata anche in Italia. Io ci farei un bel duetto».