Quelle sirene sopra Roma
Sui palazzi di via Merulana, via di Santa Costanza, viale XXI Aprile, Largo della Gancia, in piazza Istria, su viale Regina Elena - sopra l’Istituto Superiore di Sanità (quella storica che si vede nelle immagini dei bombardamenti di San Lorenzo, ora smontata per restauro), sopra il tetto del ministero della Difesa, di quello delle Finanze di via XX Settembre, su quella dell’Avvocatura Generale dello Stato di via dei Portoghesi. Non più funzionanti, dimenticate, ma ancora lassù, superstiti nella loro pesante imponenza sovrastano il cielo Capitale, dominando il panorama mozzafiato, ormai parti integranti dell’arredo urbano. Un lamento cupo - il loro - che annunciava l’arrivo dei bombardieri durante la guerra: venivano tutte azionate da un pulsante nei sotterranei del Viminale; gli armadi su alcuni dei terrazzi dei palazzi più alti dell’Urbe ne custodiscono ancora le revisioni. Negli anni ‘40 ne furono installate 51, tra elettromagnetiche ed elettromeccaniche (a turbamento d’aria): oggi, sui tetti della città – quelli di ministeri, istituti, basiliche, condomini privati – e nei suoi punti più elevati ne sono rimaste quasi la metà, nonostante dal ‘75 in poi si decise di dismetterle. Dal centro storico fino al quartiere Prati, Trieste, Parioli arrivando in periferia. E ora ne sono spuntate altre non «ufficiali», grazie alle tante segnalazioni dei cittadini. È una memoria di «archeologia bellica» ignorata, con più di 70 anni di storia alle spalle, quella delle antiche sirene capitoline del sistema di allarme antiaereo, curiosi «funghi» di ferro stile vintage che resistono impavidamente alle intemperie e al trascorrere del tempo. Lorenzo Grassi, giornalista e ricercatore per passione dell’associazione «Sotterranei di Roma», in contemporanea con il collega Mario Tedeschini Lalli che ha lanciato l'esperimento di crowdsourcing alcuni anni fa, sta ancora lavorando minuziosamente ai documenti che è riuscito a scovare nell’Archivio centrale di Stato, a partire dalla lista completa del ministero degli Interni del Dopoguerra, con cui è stato possibile rintracciarle ed elaborare un censimento in via di definizione: un iter parecchio avventuroso cercando tra scale dimenticate e botole dei palazzi, una caccia al tesoro coi portieri da convincere per visionare dall’alto i palazzoni romani, riscoprendo un Capitale culturale scordato che potrebbe essere parzialmente musealizzato diventando di pubblico retaggio. «Secondo il decreto legislativo n.490/99 si tratta di beni culturali vincolati, di proprietà del Ministero dell’Interno. Che a nessuno, dunque, venga in mente di rottamarle», ammonisce Grassi, ripercorrendo il ginepraio di pertinenze ora divenuto più chiaro: «Chi se ne dovrebbe occupare è la Soprintendenza ai Beni culturali di Stato con competenza su Roma. Dopo un periodo di verifiche ora riallacceremo i contatti per completare il censimento e riaffermare il vincolo. Ci sono stati anche affidamenti a scopo gratuito a fini museali, come il caso della sirena sopra la caserma dei Vigili del Fuoco di via Marmorata, ora collocata nell’omonimo museo. Quelle visibili da strada dovrebbero rimanere, facendo loro l’opportuna manutenzione». Tra i nuovi «avvistamenti» quella sopra l’Hotel St. Regis in piazza Esedra, sul centro di trasmissione di San Paolo, sulla torre antincendio nella pineta di Castelfusano. Tante sono state fagocitate da parabole e antenne, alcune sono ridotte a ferraglia consumata, altre ancora sono state rimosse, smontate ad esempio dai monumenti diversi anni fa (da Trinità dei Monti a quella su in cima al pennone di Castel S. Angelo, alla Torre delle Milizie). «Stiamo chiedendo comodati d’uso per il bunker di Villa Torlonia e abbiamo avviato trattative con il Miur per la sirena sopra viale Trastevere», aggiorna Grassi. E per quelle che non si vedono da sotto i palazzi, la novità: «Stiamo vagliando la possibilità di interventi usando droni per visualizzarle». Tutto per puntare a sensibilizzare sull’operazione di salvataggio (in corner) delle sopravvissute. Compresa l’unica riattivata, una sirena aziendale non proprio sconosciuta. Per chi nella Caput Mundi ci è nato farsi ricordare da qualche familiare in là con l’età quel suono che la mattina del 19 luglio ’43 si propagò dal deposito Atac sulla Prenestina non è impresa complicata. La prima volta che la Capitale veniva bombardata. E a risuonare per avvertire gli abitanti di San Lorenzo era proprio lei, la sirena che ancora esiste.