Fragola: «Quella prima chitarra con quattro corde per amare la musica»
C’è sempre una chitarra originaria nella vita di un cantautore. «La prima che ho preso in mano, quando ero molto piccolo, era di mia madre. L’avevamo recuperata dalla soffitta, era molto vecchia e aveva solo quattro corde». Immagini di una raggiante Catania, a cavallo del Terzo Millennio. Lorenzo Fragola in braccio a suo padre che suona il pianoforte. «Ma non erano ninne nanne, le sue. Papà mi ha insegnato semmai lo spirito critico dell’ascolto, con le canzoni che cantava mia nonna, quelle di Modugno, o quelle per esempio di Rino Gaetano, che mio fratello accennava con il sax». L’educazione musicale del bimbo Lorenzo. «Ora però per lavorare sull’album mi sono isolato artisticamente, non volevo scusanti se avessi accettato troppi consigli. Ma in famiglia l’affetto per me è immutato. È solo che mi fanno mangiare troppo quando torno a casa». Il suo successo ha fatto rinverdire i fasti della Catania capitale del rock e pop italiano, come ai tempi dei Denovo e della prima Carmen Consoli. «Questo mi rende orgoglioso. La mia città, anche se ora non vivo più lì, mi fa sentire come uno dei suoi figli privilegiati. Non so come fosse vent’anni fa, ma anche ora c’è molto fermento musicale». L’album si intitola "1995". L’anno in cui lei è nato. Tra le mille altre cose, era il momento storico in cui si diffondeva Internet. «Mia madre seguiva i corsi per adoperare Windows 95, e cominciava l’era di eBay». Lei che è un nativo digitale e che deve molto ai social, riesce a immaginare un mondo senza la Rete? «Proprio no. Tutti parlano dei rischi del web, anche per il settore musicale, ma io non riesco a vedere i lati negativi. Come si faceva prima?». Prima? Magari gli artisti faticavano di più a farsi notare, ma restavano più a lungo nel cono di luce. «Ma io non penso alle mie sorti. Quel che succederà succederà. L’importante è che io realizzi più progetti possibile, sfruttando il tempo di cui dispongo. Sono giovane, e non c’è modo migliore di fare esperienza se non scoprire man mano cosa devo fare. Se poi sbaglierò mossa, pazienza». Qualcuno sostiene che fosse presto per Sanremo, appena un paio di mesi dopo il trionfo a XFactor. «Ho bruciato le tappe? Ma il festival sarebbe una bella botta pure a 50 anni. Non ero il solo emozionato, la prima sera. In ogni caso, più dei big consolidati, ho potuto farmi sostenere dall’incoscienza». Intanto l’album le è venuto niente male. Ben bilanciato tra brani in italiano e in inglese, tra i pezzi suoi e le cover. «E mi rappresenta totalmente proprio per questo. Rinunciare a uno di quegli elementi sarebbe stato come tarparmi le ali da solo. C’è un brano scritto da Tom Odell, una mia reinterpretazione di un pezzo di David Guetta, una collaborazione con A/J dei Saint Motel, nata durante una cena sanremese. Più naturalmente il mio primo singolo "The reason why" e il festivaliero "Siamo uguali", scritto con Fedez». C’è anche "Da sempre" per la penna di Nek, uno che di canzoni non ne ha mai regalate molte, in giro. «Mi ha detto: "rielaboralo come vuoi, mettici le mani in totale libertà, stravolgilo". Un segno di stima, da parte sua. Sono felice che Filippo mi abbia dato questa possibilità. Uno dei primi cd che ho comprato in vita mia è stato il suo "Nella stanza 26"». A proposito di stanze: coabita ancora con Madh, a Milano? «Macché, tra i rispettivi impegni cerchiamo di non perderci di vista, ma siamo...separati. Gli ho lasciato i mobili». Ora che l’album è finalmente uscito, e le canzoni "si staccano" da lei, prova una forma di gelosia per loro? Teme che non verranno capite? «No, non posso farmi inchiodare da un pensiero simile. Dalle prime reazioni del pubblico vedo che ognuno trattiene qualcosa di particolare, una frase, una melodia, e le fa proprie. Questa è la magia della musica. Attraverso chi la ascolta scopro dettagli di cui io stesso non mi ero accorto». Lei, Fragola, il 20 aprile al Teatro Quirino sarà tra i big della nostra "Serenata per Roma 2", accanto a Fabrizio Moro, Annalisa, Nada, Tosca, Giovanni Caccamo e molti altri. «Ho già un paio di idee in testa per omaggiare la grande scuola romana dei cantautori. Ma fino all’ultimo me le tengo come sorpresa. Non vedo l’ora».