Roma e i misteri della Porta Magica
Forse non tutti i romani lo sanno ma in città esiste una Porta Magica. Anzi «la» Porta Magica - o Ermetica, o Alchemica, o Porta dei Cieli -, l'unica superstite della Villa fatta costruire, tra il 1655 e il 1680, dal Marchese Massimiliano Palombara, poeta, alchimista, forse rosacroce, intimo amico della regina Cristina di Svezia. La Villa si trovava sull'Esquilino e fu smantellata nel 1873, ma la Porta, ornata di simboli ermetici, fu conservata e collocata successivamente nei giardini di Piazza Vittorio Emanuele II dove ancor oggi si trova. L'occasione per saperne di più è fornita da uno stimolante saggio di Maria Fiammetta Iovene («Gli Argonauti a Roma. Alchimia, ermetismo e storia inedita del Seicento nei «Dialoghi eruditi» di Giuseppe Giusto Guaccimanni», La Lepre, pp. 207, euro 14) che scava nei segreti dell'Urbe alla fine del Seicento. Ebbene, il Marchese Palombara è uno dei tanti illustri personaggi - accademici e scienziati, filosofi e letterati - tutti tési, sulle orme di Giasone, alla conquista del Vello d'Oro. Che, per i nuovi Argonauti, è la Pietra Filosofale della trasmutazione da materia bruta ad eletta conoscenza sapienziale. Questo «viaggio» è raccontato nei quattro tomi dei «Dialoghi eruditi» composti dal patrizio ravennate Giuseppe Giusto Guaccimanni, che nell'Urbe ebbe modo di frequentare i sodalizi intellettuali che facevano capo a Palazzo Riario, dove Cristina di Svezia promuoveva le più svariate avventure conoscitive nel segno di Ermete. Quattro tomi, abbiamo detto, per complessivi quarantadue dialoghi che portano sulla scena un intero secolo: e la Iovene, che ha avuto modo di compulsarli alla Biblioteca Nazionale Centrale (il manoscritto era sotto gli occhi di tutti, eppure giaceva abbandonato da tre secoli: evidentemente la mole scoraggiava i ricercatori dal cimento con un'ardua materia), ne offre una prima attenta selezione. Insigni i protagonisti che animano il dibattito: da Cristina di Svezia, che signoreggia su questa «Roma segreta», all'erudito tedesco Athanasius Kircher, filosofo e geologo, fisico e musicologo, dagli alchimisti Francesco Maria Santinelli e Massimiliano Palombara (che la Iovene un paio di anni fa scelse come protagonista di un avvincente romanzo storico, «La bugia dell'alchimista», sempre edito dalla Lepre), al fior fiore della nobiltà e della curia romana. Tra gli Argonauti figurano personaggi di rango davvero alto: gli Acciaioli e i Colonna, gli Aldobrandini e gli Orsini, gli Albani e i Pamphilj, i Massimo e gli Sforza. Tutti dialogano della prossima «aurea etade», quella che Virgilio, anch'egli sapiente e mago, aveva cantato nella quarta Bucolica. I tempi sono maturi. Nelle elevatissime disquisizioni-ambientate tra Porta del Popolo e il Gianicolo, tra Monte Mario e l'Esquilino - si discetta sull'atomismo, sul vuoto, sull'essenza della luce, sulle scoperte galileiane; si commentano passaggi di testi ermetici fondamentali per ogni ricercatore dell'Antica Arte. E argomenti davvero non ne mancano quando si ha a che fare con Lullo e Flamen, Basilio Valentino e Filalete, la «Tavola Smeragdina» e il «Testamentum» di Arnaldo da Villanova. Infine suggestioni e suggerimenti vengono dai poeti che hanno profuso il loro «intelletto d'Amore» nella cerca dell'Oltre e che molto hanno da dire sull'Arcano: Virgilio e Lucrezio, Dante e Petrarca. Fervido, dunque, il dibattito che anima i cenacoli letterari e sapienziali, dall'Arcadia all'Accademia degli Umoristi. Di questi ultimi la Iovene racconta le vicende esemplari con dovizie di dati e date, mettendo in evidenza come il loro impegno fosse indirizzato a liberarsi di tutti gli «umori» nefasti, favorendo l'ascesa verso il cielo di quelli fausti, perché purificati dalla conoscenza. Come abbiamo accennato, le circostanze storiche sembrano favorire l'avvento di un «Nuovo Secolo», con un Sacro Romano Impero che torna a trionfare: infatti, Leopoldo I di Absburgo, difensore della Cristianità e forte dei successi ottenuti dalla Lega Santa contro i Turchi, mira all'unificazione dell'Europa Cattolica. Ed in questa gli Argonauti più che mai troveranno la loro «dimora filosofale» perché c'è un legame ininterrotto tra le prodezze dei mitici Argonauti, l'eroismo del pio Enea che coglie il «ramo d'oro», insegna del suo destino di «padre fondatore», l'avvento del «Puer» vaticinato da Virgilio e l'impegno alla trasmutazione spirituale di cui si fanno alfieri i nuovi Argonauti. Tutto torna. E tutto trova sostegno e spinta ulteriore anche nel magistero di cui si fanno portatrici le più belle dame dell'aristocrazia romana, a partire dalla marchesa Marianna Acciaioli, anche loro «in viaggio» nei còlti e frizzanti conversari che animano accademie e palazzi.