Diego Abatantuono, l’imprenditore contro la ’ndrangheta

«Quando si parla di ’ndragheta e di lotta, il messaggio è che non bisogna aver paura. È difficile ma dovrebbe essere così. Sono stato molto coinvolto da questa tematica. Le cose diventano facili, nella vità reale sono più difficili». A raccontare «L’assalto» (prossimamente in Rai) di Ricky Tognazzi ieri sera all’Auditorium è stato Diego Abatantuono che, di questo lavoro, è protagonista. E lo ha fatto davanti a un parterre d’eccezione: nelle prime file anche la presidente della Camera Laura Boldrini. Nord Italia. Un imprenditore-costruttore è strozzato dai mancati pagamenti statali e privati: un pargheggio di una Asl di cui non gli arriva il pagamento, e il sogno di un palazzetto dello Sport da edificare ex novo. I dipendenti, per la maggior parte operai, scalpitano: da tempo lo stipendio non arriva. Il loro capo non fa altro che dirgli che i tempi miglioreranno, che devono pazientare. Ma le cose peggiorano. E, gli operai, cominciano ad andare via. A lui servirebbero, per rialzarsi, 300 mila euro. Nella sua vita subentra un personaggio strano: un giovane dal sorriso pieno e dalle belle speranze che, grazie al pressing sulla Asl, gli fa rientrare i soldi del parcheggio. Di più. Lo zio di questi gli «presta» (sarebbe meglio dire «regala», visto che non vuole «nulla» indietro), 300 mila euro. Esattamente (casualmente?) la cifra che serve a lui. Il problema è che, sia il nipote che lo zio, fanno parte della ’ndrangheta. La struttura è familiare e, ovviamente, omertosa. Nella pellicola, ad alto contenuto sociale, succede quello che succede nella realtà e che è ben rappresentato da un libro come quello scritto dal giudice Giuseppe Gennari ne «Le fondamenta della città» (Mondadori Editore, pp. 240, 17 euro). Succede che un imprenditore, ovviamente in difficoltà, decide di mettersi in affari con questi uomini «d’onore», ben vestiti e ricchissimi. Agli occhi dell’imprenditore, la loro vita appare come un sogno: soldi facili ma, soprattutto, affari. E la domanda è: «Perché non scendere a patti, e fare affari insieme?». Il problema è tutto qua. Che gli affari in definitiva li fanno solo loro, che l’azienda originaria viene risucchiata e inglobata: alla fine funziona, insomma, come un semplice prestanome, e nel migliore dei casi. Così nella realtà, così nel film: Abatantuono perde operai e amici. L’unica speranza è la figlia, che si laurea a pieni voti ma si innamora del «nemico». Arriva gente nuova e strana. I favori aumentano, e l’ultima richiesta è quella di riempire una buca con i rifiuti. Rifiuti ovviamente tossici. Il colpo di scena non si fa attendere e, se è vero quello che ha detto Abatantuono, è anche verò che, di esempi come quello del film, ce ne sono a bizzeffe. Il film-tv, presentato in anteprima al RomaFictionFest e introdotto dal direttore artistico Steve Della Casa, è diretto da Tognazzi e dedicato «a tutti quelli che hanno avuto il coraggio di denunciare». La serata si è conclusa con una cena al quartiere Parioli, al «Chez Cocò». Tra i presenti Roselyn Sanchez («Devious Maids»), Edy Ganem («Csi. Scena de crimine»), Dean Norris («Grey's Anatomy»), Atom Egoyan (regista del film «False verità»), Frank Spotnitz (premiato ieri sera per «X-Files»)Ricky Tognazzi con Simona Izzo accompagnata dalle sorelle Giuppy, Fiamma e Rossella Izzo, Pino Quartullo, Ninni Bruschetta, Benedetta Valanzano, Renato Balestra, Alessia Fabiani, Claudia Ruffo, il direttore Generale del Festival Internazionale del Film di Roma Lamberto Mancini.