Ribelle e irlandese L’irriverente Edna O’ Brien Intellettuale dalla vita avventurosa: fuggì con il suo amante sull’isola di Man
Anni Cinquanta del secolo scorso. Un collegio femminile gestito da suore nella verde Irlanda. Ferrea disciplina, cattolico fervore, fieri cipigli, rari sorrisi, lacrime notturne, a letto, mentre, di nascosto si sgranocchiano i biscotti arrivati da casa. Un dolcetto può far argine allo sconforto e alla fame, considerando «quel che passa il convento»: minestroni di verdura sciacquabudella e carne con un vago sentore di stantio. Ma possono arrendersi a un miserando destino di recluse due quattordicenni piene di vita come Caithleen Brady, detta Kate, e Bridget Brennan, detta Baba? No davvero. La prima- voce narrante del romanzo di Edna O' Brien «Ragazze di campagna» (trad. di Cosetta Cavallante, Elliot, pp.256, euro 17,50) - è alta, goffa, con un'aria un po' stranita, ma ha un suo fascino timido e tenero, romantico e sognante; l'altra, piccola e snella, ha i capelli tagliati corti, da maschietto, con qualche ricciolo tentatore che le cade sulla fronte, ed è sfrontata, disinibita, spavalda. Baba è dispettosa, prende continuamente in giro Kate e fa di tutto per soggiogarne la volontà: ma gli opposti si attraggono. In comune ci sono, poi, l'infanzia trascorsa insieme, le relazioni di famiglia e le «immagini» del loro villaggio. Eccole, adesso, mentre discutono animatamente: non ne possono più del convento e da Baba partono confuse aspirazioni di rivolta e di fuga. Perché non ci facciamo buttar fuori? «Ci ammazzeranno», prova a ribattere Kate. «Non ci faremo trovare, ci uniremo a una compagnia itinerante e faremo le attrici. Io so cantare e recitare, tu ti occuperai dei biglietti». «Anch'io voglio recitare» - obbietta, un po' titubante, Kate. «Va bene - concede Baba con magnanimità - allora metteremo un annuncio: due donne, attrici dilettanti, di cui una anche cantante, entrambe con un diploma di scuola secondaria…». Bè, le due ragazzine troveranno davvero il modo di farsi espellere - scandalizzando convento e famiglie - ma non ci sarà nessun palcoscenico nel loro futuro. La vita, sì, in contraddittoria pienezza, nel vivace e variopinto caos di Dublino, dove approderanno in cerca di un lavoro. Ma soprattutto con una gran fame di crescere e di conoscere il mondo. Così com'è, per Baba, ostinata, determinata e pragmatica, anche quando dovrà fare i conti con un inatteso «male oscuro». Così come vorrebbe che fosse, ma purtroppo non è, per Kate, che comunque riuscirà a maturare una sua «autonomia». «Ragazze di campagna» è un «romanzo di formazione»? Sicuramente l'intento della trentenne Edna O' Brien, quando lo pubblicò nel 1960 (e nel '61 comparve una prima edizione da Feltrinelli), era quello di rappresentare un «mondo» e un «percorso» - dalla torpida e bigotta provincia irlandese, che ti protegge ma ti addormenta, alla fascinosa, scintillante Dublino che ti costringe a svegliarti ma ti strappa via ogni romantica illusione -, attingendo ampiamente al proprio archivio delle memorie, intemperanze e ribellioni comprese. Perché Edna era un tipo che dava scandalo. Schietta e anticonformista (fuggì sull'isola di Man con il suo amante, lo scrittore Ernest Gébler, molto più vecchio di lei e che per lei aveva abbandonato la moglie), dotata di una turbinosa vitalità, anche sessuale, e tuttavia attaccatissima ai due figli (li contende aspramente ad Ernest, quando la coppia scoppia), visse una vita spericolata, da Dublino a Londra, tra attori, intellettuali, personaggi variamente illustri e che variamente le facevano la corte. Tutti presenti con nomi e cognomi - da Shirley MacLean a Marianne Faithful, da Laurence Olivier a Richard Burton, da Robert Mitchum a Marlon Brando, da Philip Roth a Norman Mailer, da Harold Pinter a Samuel Beckett - in «Country girl. A memoir», l'autobiografia di Edna, di cui Eliot ha acquistato i diritti insieme a «The Light of Evening» e «Byron in Love». Ma torniamo a «Ragazze di campagna», il libro d'esordio (primo capitolo di una trilogia che comprende «La ragazza sola», Rizzoli, 1963 e «Ragazze nella felicità coniugale», e/o 1990). Sappiamo che Edna turbò le anime timorate e che il romanzo fu bruciato sui sagrati delle chiese. Perché la provincia irlandese, tra desideri repressi e ipocrisie, alcolismo e bigotteria, meschinerie e crudeltà piccole e grandi, non ci fa una bella figura e le famiglie di Kate e di Baba, per diverse ragioni, non possono dirsi «esemplari»? Perché Edna, con freschezza e disinvoltura, ci presenta due quattordicenni che non sono icone di perfezione cristiana, ma ragazze fatte di carne dunque con appetiti sessuali, contrastanti impulsi e tanta voglia di conoscere l'uomo e l'amore? Certo, oggi tra ogni possibile «sfumatura di grigio», le pagine «forti» di «Ragazze di campagna» appaiono roba da educande. Ma forse ci colpiscono perché le sentiamo vere e vive: raccontano l'universalità di un'esperienza, non hanno bisogno di esporre tranci di carne e di esplorare meccanismi e varianti di un accoppiamento per farci capire l'«eternità» di una «storia»: qui ci sono solo due ragazze «reali», tra sentimenti, sogni e desideri.