di Antonio Saccà Emanuele Severino ha dedicato gran parte della sua esistenza al capitalismo, e allo studio del capitalismo.

Chesguardo ha Severino? Lo vediamo in quest'ultimo suo libro: «Capitalismo senza futuro» (Rizzoli, pag. 206 euro 19,00). Per Severino l'Occidente ha un destino, il destino dell'Occidente è quello di scadere nella volontà di potenza, privandosi di concezioni di ben diversa consistenza e validità. La volontà di potenza caratterizza l'Occidente, perché l'Occidente è in balia del «divenire». Il divenire è, in Severino, il sottrarsi continuo delle cose a se stesse, un essere e non essere contemporaneamente, un venire dal niente e andare verso il niente, esso contiene l'antitesi insormontabile, ritenere l'essere idoneo a morire. Cosa da folli: come può l'essere non essere! Il peccato originale dell'Occidente, è considerare che la realtà diviene e muore. Che rapporto ha questa convinzione di Severino con il capitalismo? L'Occidente è passato da una visione della società in cui era la filosofia a guidare la politica, ad una situazione in cui era l'economia a guidare la politica, ad una fase in cui è la tecnocrazia a guidare la politica. Quando l'Occidente avrà percorso fino all'ultimo l'abisso degradante del trionfo della tecnocrazia e la negazione di ogni altro valore, andrà a rovina, il Mondo intero, anzi, rovinerà e rinascerà un nuovo ordine, finalmente capiremo di essere eterni, che nessun istante perisce, caso mai si nasconde, diventa invisibile, e che l'essere non può non essere. Con questo appagamento straordinario del considerarci eterni, perdiamo la volontà di potenza, perché essa in fondo è il risarcimento della nostra mancanza di eternità, del nostro sentirci mortali, ma se consideriamo di essere eterni la volontà di potenza risarcitiva cessa. Ed anche la tecnocrazia, il capitalismo tecnocratico, segni della volontà di potenza. Al dunque, Severino ritiene che l'apparato tecnologico cresce se stesso non più diretto, controllato, utilizzato a vantaggio dell'uomo. L'uomo sovrano della società è svanito, la tecnologia vive di sé e per sé. Questione: la volontà di potenza chi la esercita, la tecnologia da sé o l'uomo tramite la tecnologia? Conta o non conta chi possiede la tecnologia, o questo va annebbiato, dissolto, per considerare la volontà di potenza di chi? Degli strumenti? Sarebbe interessante vedere come gli strumenti esercitano la loro volontà di potenza. Ho l'impressione che dietro gli strumenti vi siano uomini dotati di fermissima volontà di potenza, e la loro volontà di potenza è il profitto. La crisi del capitalismo non è dovuta al passaggio dall'era del trionfo dell'economia sulla politica, all'era del trionfo della tecnocrazia sulla politica, sull'economia e sulla società, ma al fatto che, lo accennavo, il sistema produttivo, sempre più affidato alle macchine, elimina radicalmente lavoratori. Che poi l'uomo si affidi alla tecnologia e smemori la filosofia dell'essere, Severino ha ragione ciclopica.