«Se fossi Dio ricomincerei daccapo»

Comeci si sente a 80 anni? «Be', risponda lei. Come ci si sente a 30 anni?». In tempi di crisi si vive un'insicurezza di fondo. «Non sono sicuro neanche io. Le voglio dire che, paradossalmente, se uno è con la teste funzionante, forse è più felice a 80 anni che a 31, di questi tempi. Saperlo è fondamentale. Si rinuncia alla sessualità sfrenata e stupida dei 20, dove si finge di amare. E poi, dopo un eventuale matrimonio, ci si perseguita con una gelosia infantile e stupida. Ho la sensazione che, la generazione che ha vissuto anche la guerra, sia più felice della generazione dei 30enni di adesso, purtroppo. Mi sembra che il problema sia un problema culturale. E quindi è paradossale che molti dei suoi coetanei dicano: "Ai vostri tempi era molto più facile". Questo mi sembra assurdo. È stata una tragedia senza precedenti, quella stupida guerra. Ho la sensazione che, il problema, sia molto grave. Guardi le risse che fanno quel branco di vecchi (ormai), che non pensano al futuro». Cosa dovrebbero fare? «Allora, i grandi timonieri dovrebbero pensare al cambiamento climatico, all'inquinamento e al sovraffollamento. Niente, si parla solo di spread, di soldi, di borse. Questa è l'eredità funesta della cultura americana. Non c'entra l'aldilà: la più grande truffa della storia è quella. Mi sembra che ora la cultura americana ci abbia invaso in maniera abilissima. Gli americani ci hanno convinto di essere felici. Gli americani, quando non riescono nella vita, comprano un carro armato e vanno ad ammazzare i bambini in una scuola. Non è la prima volta che succede. Lei capisce che tipo di futuro ci aspetta. Anche New York è sporca, non solo Napoli o Palermo». Noi con quale modello di città potremmo rispondere, dal Vecchio Continente? «Non con la cultura europea, che ormai è marciscente, come le dico. Proprio ora che è venuta a mancare soprattutto la fede nell'aldilà. Vede che ormai si sposano più a Nord che a Sud? Lì ci sono ancora le remore, la paura. Con quale cultura? Bisognerebbe esibire l'Austria, la Germania. L'Inghilterra, la Svezia, e tutti i Paesi scandinavi. Ma per il resto siamo... Lo dica lei». Noi ci stiamo avvicinando alla Germania. Monti si sta muovendo in questo senso. Lei che ne pensa? «Ma no. Non è vero purtroppo... Magari! Purtroppo per noi, poveri mediterranei – e ci metto Grecia, Turchia, Cipro, l'Italietta e anche la Spagna – siamo veramente di un'altra cultura, inferiore. Lungamente inferiore. Lei non può aprire un giornale e la televisione e sentire che uno ha rubato 100 lire, un altro invece prende la pensione di una madre che è morta 150 prima». Cos'è che le fa più tristezza? «Be', mi fa più tristezza l'arroganza degli europei e soprattutto l'arroganza della cultura italiana, che dice in giro: "Il Paese che tutto il mondo ci invidia". Questa è una baggianata storica, direi. "La Costituzione è la più bella del mondo". Be', adesso sì, Benigni ha fatto una show patriottico e ha avuto molto successo. La cosa più rattristante ora è vedere il decadimento della televisione, che ha sostituito la famiglia, la scuola, ha sostituito le buone letture. Succede che più si abbassa il livello del linguaggio e più gli ascolti salgono. Cioè, ormai siamo a livello di barzellette, tutte impegnate sul genere "Berlusconi è così, Berlusconi è colà". Mi sembra che Berlusconi, nel suo piccolo, abbia creato un impero. Mi sembra che poi i grandi papaveri attaccati alle poltrone abbiano distrutto l'Italia». Sta spezzando una lancia in favore di Mediaset? «No, non sto spezzando lance. Sto dicendo che, la responsabilità, è della tv di Stato. E se lei guarda certi film, anche pomeridiani, vede che su Retequattro ci sono almeno 20 minuti di pubblicità. Si capisce, parlando per paradossi». Cosa le è piaciuto di più della trasmissione di Benigni? «Non l'ho vista. Mi è piaciuto Benigni perché lo conosco a memoria. La cosa che forse non m'è piaciuta, sono state le solite battute su Berlusconi. Ma lo stimo e gli voglio bene. Be', gli voglio bene forse esagero, si dice sempre così in Italia… Lo stimo moltissimo ed è anche un mio amico. Ma voglio dire, i numeri sono stati pari al battage che è stato fatto. Pari al nome. Lì sa, Celentano, Benigni, forse anche un ritorno di Mussolini, se fosse possibile, anche lui avrebbe un ascolto formidabile, io penso. O no?». Be', in effetti, vedendo piazza Venezia lo «share» era alto. «Ora avrebbe un successo inaspettato. È colpevole la Germania, è colpevole l'Italia di aver accettato la guerra di Mussolini. Una guerra stupida. Un Paese povero, senza risorse militari. Vai a dichiarare guerra agli Stati Uniti d'America. Ma insomma, mi dica lei...». Forse si potrebbe dire che, chi era d'accordo con il regime, fosse stato costretto? «Ma da chi, da Ciano? Ma no. Suvvia, era vanità. Quindi, riepilogando, mi sembra che, chi ha superato gli 80 o i 90, si renda conto della differenza mostruosa tra l'italietta che doveva ancora fare la guerra, a parte il fascismo, paradossale, e la differenza di ora, enorme. La filosofia mafiosa e camorrista è radicata profondamente». Sì, è radicata ma si cerca anche di combatterla… «Ma chi lo fa? Mi dica. Hanno cercato di farlo i due giudici e che fine hanno fatto?». Una brutta fine. «Ma non una brutta fine. Era una fine clamorosa. Hanno scavato per un mese un tunnel sotto l'autostrada per uccidere. Non so, veda lei come si può definire questa cultura, ormai completamente degenerata. Quindi, avere 30 anni significa avere il vantaggio, o lo svantaggio, di vedere che c'è tanto da fare. E quindi è inutile dire: nel 2013 ricomincia. Ricomincia cosa? Cosa può cominciare che non ci sono più le fabbriche. La Camusso urla "Lavoro per tutti!". Ma dove? E allora io dico, alle volte e scherzando: “Andate in Cina, che c'è lavoro ancora per tutti”. La risposta che mi viene data è: "Non conosciamo il cinese". E allora perché, quelli lì con le valigie di cartone, sapevano perfettamente l'inglese? Poveracci». Quale potrebbe essere la soluzione? «Se ci fosse Dio, il Padreterno dovrebbe: ricominciare tutto daccapo. E i Maya hanno profetizzato la fine del mondo». In effetti ci siamo quasi. «E infatti, la fine del mondo dicono sia oggi. Lei dove va, la sera? Bisogna organizzare qualcosa: al ristorante o in piazza del Popolo? Me lo dica, io non so dove andare. Forse in un posto ben illuminato, dove si possa vedere bene la gente. E fra un po', lei dovrà imparare qualche parola di mandarino. C'è un rispetto per Pompei e per il Colosseo...». Lei ora torna a teatro con «Siamo nella m...» al Teatro Agorà di Roma. Ma perché non fare, per questo suo compleanno, uno show per la tv o un film? «Allora, dovrebbe dire: "Lui sarebbe disposto anche a ballare nudo la notte di Natale". Io ho un grande prestigio del passato ma in televisione non farei i numeri. Quindi niente. Non mi fanno fare neppure Uno Mattina, il giorno del mio compleanno. Mi basterebbero anche solo 100 mila euro». E per un film al cinema? «Servono un produttore, un regista e un soggetto. Il soggetto ce l'ho, il produttore no, il regista sì. Quindi quello che manca sono i soldi». Non mi vorrei intromettere... «Si intrometta». Nel film: sarebbe un sequel di Fantozzi o si parla di tutt'altro? «Vorrei fare una riedizione del Fantozzi dei nostri giorni: giovane, con la fidanzata, disoccupati entrambi, sfortunati come Fantozzi, vestiti però ormai tutti come i calciatori, con i tatuaggi, con gli orecchini. Ormai sono tutti omologati, questi Fantozzi. E, attenzione, Fantozzi aveva il posto fisso... Famoso».