di Stefania Monaco Pigliate quei quattro capponi, poveretti! a cui dovevo tirare il collo, per il banchetto di domenica, e portateglieli; perché non bisogna mai andar con le mani vote da que' signori.

Sindall'ottocento il cappone è stato un dono importante da fare nel periodo di Natale. Nel Cuneese a Morozzo esiste un vero e proprio consorzio di tutela sul prestigioso e omonimo cappone che altri non è che un gallo castrato che raggiunge intorno agli otto/nove mesi un peso massimo di tre chili. Quelli di Morozzo sono animali allevati a terra in aie enormi hanno pelle e zampe giallissime nonché un anellino intorno alla zampa con i dati dell'allevatore. Intorno al centesimo giorno di vita il galletto viene trasformato in cappone tramite l'opera di mani esperte: «l'operazione» (così la chiamano) è indolore. La chiusa delle uova avviene in marzo in maniera tale che l'animale abbia tutto il tempo di razzolare allegramente sino al Natale. Ogni allevatore ne immette sul mercati circa 200 capi per un totale di circa 5000 quest'anno. In Piemonte oltre a quello di Morozzo il cappone è di tradizione a San Damiano d'Asti, Monasterolo di Savignano, Vesine. La castrazione del galletto era nota già in antichità proprio perché non si potevano tener tanti galli nello stesso pollaio. I capponi sono di tradizione al Nord e in alcune zone del centro mentre al sud quando ci sono troppi galli è d'abitudine regalarli integri. Il cappone è magnifico bollito per il tradizionale piatto di festa. Si prepara immergendolo in l'acqua bollente dove sono state disposte cipolle, carote sedano e sale. Si lascia bollire flebilmente (altrimenti si compromette la pelle) per circa un ora e mezza. Oltre che lessato in brodo (per la gioia di tuffarci dei buoni cappelletti), si prepara anche in padella con i marroni oppure è ottimo da stufare nella birra. Per disossarlo dopo averlo spennato e decapitato disporre il cappone a petto in giù praticare la prima incisione da un estremità all'altra con un coltellino a lama piccola e affilata; lungo la groppa si aprirà un varco sul costato che, pezzettino per pezzettino, occorre staccare dalla pelle. Bisogna far attenzione a non rompere la pelle così il ripieno non scapperà da tutte le parti. Tolta la cassa toracica bisogna disossare le cosce, staccare le ossa dalla giuntura, disarticolandole e mai troncandole. Il ripieno ve lo proponiamo in stile emiliano: uova, pane, parmigiano, salsiccia e mortadella o pancetta, prosciutto crudo intorno al ripieno e volendo noce moscata.