di Lidia Lombardi Parenti serpenti, cugini litigiosi, il sorrisetto di scherno di monsieur le Président Sarkozy.

Untour, insomma, nei posti di Roma dove il bel oui suona. Come ci propone dal 9 all'11 dicembre Aimata Guillain per «Noteinviaggio». Il posto più francese di Roma è nell'angolo del Tridente attorno a piazza di Spagna. Scalinata e chiesa di Trinità de' Monti - per intenderci - e Villa Medici. Perché francese? Perché dal 1806 è sede dell'Accademia di Francia la cinquecentesca Villa Medici, sulla passeggiata che conduce alla Casina Valadier (altro francese che apparecchiò Roma per il trionfo di Napoleone) e al Pincio. E dunque dimoravano qui, e passeggiavano e chiacchieravano nelle locande, gli artisti che venivano a studiare le bellezze della caput mundi. Tra gli altri Corot, Caillebotte e Ingres, che aveva preso casa con la moglie in via Gregoriana. O Balthus, che dell'Accademia fu direttore. Il punto però è che i francesi pensavano di stare in territorio tutto loro. È controversa la questione se avessero acquistato i terreni attigui. E si discute anche sul loro contributo alla costruzione della chiesa di Trinità dei Monti, consacrata da Sisto V nel 1585, facciata di Giacomo Della Porta e Carlo Maderno, interni con affreschi del tipico manierismo romano, a firma di Daniele da Volterra e Perin del Vaga. Bianca e alta, la chiesa. E con quella scalinata che digrada a valle. Ora, pensate a Montmartre e alla candida chiesa del Sacre Coeur. È vero, è di fine '800. Ma la gente seduta sul prato che declina verso la città febbricitante si assimila a quella che si sistema sulle rampe di Trinità dei Monti, disegnate nel '700 da Francesco De Sanctis. E che dire del fatto che proprio qui c'è la scuola privata del Sacro Cuore? Della Porta firma anche un altro monumento caro ai nostri cugini. È San Luigi dei Francesi, la chiesa intitolata al santo e re del Duecento, quel Luigi IX che ebbe nella discendenza Roberto, capostipite dei Borbone. Il tempio è tra i più visitati di Roma. Per quel ciclo su San Matteo nel quale la «Vocazione» è l'esercizio più alto di Caravaggio sulla luce. La facciata quasi schiaccia lo slargo omonimo, tra via della Scrofa e Piazza Sant'Eustachio. E lo stemma sul frontone con i gigli di Francia spiega l'appartenenza al Paese che cominciò a dialogare fitto con lo Stivale quando la fiorentina Caterina de' Medici divenne regina francese avendo sposato Enrico II. Quante volte è venuto a pregare qui il filosofo cattolico Jacques Maritain, uscendo dall'attiguo Centro culturale St. Louis de France che fondò nel 1945? L'istituto di Largo Toniolo è il posto migliore per imparare il francese. E offre mostre, incontri, film, teatro, biblioteca. L'ultima tappa è Palazzo Farnese, la «quarta meraviglia di Roma», dietro Campo dei Fiori. Dal 1936, per concessione dello Stato italiano, è sede dell'ambasciata di Francia. Ma molto prima nell'austera piazza imperava l'idioma di Molière. Nel 1745 il Delfino di Francia vi fece la festa di nozze, erigendo scenografica macchina. Vedere un dipinto del Panini per credere.