Paura? Roba da bambini La lezione di Grossman

diNATALIA POGGI Con il peso di una piuma che si posa impercettibile dopo aver volteggiato nell'aria l'ultimo racconto di David Grossman «L'abbraccio» (ed Mondadori) atterra lieve laddove c'è un cuore che pulsa e, come per magia, sprigiona emozioni a cascata. Un racconto, snocciolato a mò di sottotitoli che accompagnano i disegni di Michel Rovner, esili figurette realizzate al carboncino, essenziali come ideogrammi. Per un attimo torna alla mente il protagonista del capolavoro saint-exuperiano. C'è un bimbo Ben che interroga la mamma sui grandi rovelli della vita umana, la forza del vincolo e il rapporto con l'altro. Ma il piccolo principe della storia di Grossman riflette pure un'angoscia esistenziale che lo spazio vuoto in cui galleggiano le figure disegnate tende a esaltare e amplificare. Il bambino è spaventato a morte, dalla constazione che lui è unico, dunque solo. Che anche la mamma è unica, altrettanto sola. Che siamo una moltitudine di unici, come lo sono anche le formiche e i cani, irrimediabilmente soli, dietro al vetro di un barattolo sottovuoto. Tutto diventa vago e illanguidisce in questo mondo evanescente e fluttuante, l'unica a non vacillare è la certezza della mamma che caparbia rassicura il proprio figlioletto: non sei solo, io sono con te. Non bisogna farsi impressionare dalle formiche tutte uguali eppure uniche. La mamma traccia nella terra cerchi e vi disegna figurette che si guardano e s'incontrano un poco. E ritorna la forza della dipendenza affettiva che la volpe spiegava al Piccolo Principe: «Tu sei un ragazzino uguale a centomila. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo». Unici e uniti. Ed ecco spiegato il titolo del libro di Grossman. Tu sei unico, spiega la mamma, e anch'io sono unica ma se ti abbraccio non sei più solo e nemmeno io sono più sola. Un atto profondo d'amore, che tacita tutte le paure. «Adesso non sono solo, adesso non sono solo» dice il piccolo Ben con il cuore che batte a mille. E anche il cuore della mamma batte. Ecco perché hanno inventato l'abbraccio, è il messaggio di Grossman, per cancellare le tristezze, per sentirsi forti. Come non ricordare, allora, il bimbo tagoriano «che era libero da ogni legame nel paese della sottile luna crescente». Spiegava il poeta indiano che non senza ragione rinunciò alla sua libertà. Sapeva il bimbo «che è molto più dolce della libertà l'essere preso e stretto tra le braccia della sua mamma».