Nella Riserva di Ventotene e S. Stefano le acque brulicano di pesci. In passato erano scomparse ricciole e corvine

Ipesci son tornati. Fondali ricchissimi di vita che regalano ai subacquei emozioni d'altri tempi. La Riserva di Ventotene e S. Stefano sta avendo un notevole successo. La quantità e la dimensione dei pesci che si possono osservare durante un'immersione è ben superiore rispetto alle altre Riserve Marine del Mediterraneo. L'Area Marina Protetta, istituita nel 1997, è tenuta sotto osservazione dall'equipe di Ecologia Marina dell'Università La Sapienza di Roma. Abbiamo sentito il biologo marino Andrea Belluscio, che da anni segue le evoluzioni dei popolamenti ittici dell'isola. «Quello che ci interessava maggiormente era capire il motivo della scomparsa di alcuni esemplari come cernie, ricciole e corvine, anche perché la pressione di pesca nell'isola non è mai stata eccessiva - afferma Belluscio - Naturalmente, una pesca intensiva può far diminuire il numero dei pesci ma non sempre la mancanza di pesce sul fondale indica carenza di vita. I pesci, non sono soggetti passivi: imparano che un sub può essere un pericolo e agiscono di conseguenza, tenendosene alla larga». Questa affermazione ci aiuta a capire meglio i motivi del successo della riserva e soprattutto la palese differenza con la vicina Ponza. Motivi che affondano le radici nella storia. Storia di due mondi: quello emerso e quello sommerso. Apparentemente diversi ma collegati in maniera inscindibile l'uno all'altro. I movimenti ed i comportamenti dell'uno che influenzano, invadono e condizionano la vita dell'altro. Quello di Ponza è un popolo che pesca da sempre. Tutti, pescatori professionisti e non, possiedono una barca da pesca o un gozzo. Come in campagna si coltiva, a Ponza si pesca. Pesce da vendere, da conservare e da mangiare. Anche i turisti in un simile contesto sono portati a considerare il mare come una risorsa da saccheggiare ed i subacquei che dai lussuosi panfili ormeggiati nelle cale di Ponza scendono in acqua per una battuta di pesca, tornano a bordo insoddisfatti. Non c'è nulla. Non c'è più vita. C'è il deserto. Il deserto dei fondali. Totalmente diversa la situazione a Ventotene. Pochissimi avevano la barca, per cui il fondale e l'ecosistema non hanno mai corso alcun pericolo di devastazione. Solo con l'intensificarsi del turismo e della pesca subacquea i pesci hanno acquisito un comportamento di prudente cautela che li spingeva a stare alla larga dall'uomo, visto come pericolo mortale. «Grazie alla Riserva che ha protetto i fondali - continua Belluscio - sono bastate alcune generazioni di nuovi nati, non più selezionati a comportamenti di sospetto verso l'uomo, che in breve le cernie e tante altre specie non solo sono tornate a ripopolare il mare ma mostrano un comportamento assolutamente tranquillo di fronte all'uomo. Qualcosa del genere era già stato studiato nella riserva marina delle isole Medas in Spagna dove gli animali marini in gran numero si lasciano avvicinare dai subacquei senza paura». Il perché della mancanza di un simile fenomeno in tutte le altre aree marine protette si spiega secondo il biologo in questo modo: «Spesso la tutela è solo teorica e vi sono attività di pesca illegali da parte dei dilettanti, oltre ad un eccesso di pesca professionale che difficilmente si riesce a limitare». Ventotene è quindi un caso unico, proprio perché si sono casualmente unite due diverse condizioni: un basso numero di pescatori professionisti e un controllo reale contro le attività illegali, esercitato dai residenti, che hanno capito quanto sia importante proteggere il mare e i suoi abitanti. Questo ha portato in pochi anni a cancellare l'equazione uomo in acqua uguale pericolo per il pesce.