Leggere impronte femminili lungo i viali tra i fiori, sembianze delicate a specchiarsi nelle acque del laghetto.

Acominciare dalla leggendaria piccola Ninfa, principessa del castello, che aveva due corteggiatori e per sfuggire al pretendente non amato si gettò nel lago. Da allora il fantasma della giovane ribelle, che si trasformò in fata malefica, tenta di rubare le anime alle coppie di fidanzati che la sera si fermano sulle sponde di quello specchio d'acqua. Proprio da lì alla fine del XIV sec. si diffuse la malaria che spopolò il piccolo centro a ridosso di Cisterna, nel cuore della misteriosa e remota palude pontina. Un alone di mistero ha sempre circondato questa città leggendaria, mezza sepolta dagli acquitrini ricchi di ninfee, già citate da Plinio, con le sue mura, le sue chiese, i suoi chiostri ricoperti di edera ma che destò l'attenzione della famiglia Caetani, ricchi possidenti della zona, con dimora alle Botteghe Oscure, a Roma. Fu la loro anima «giardiniera» a rendere vitale questa «Pompei medievale»: alla fine dell'Ottocento Ada Bootle Wilbraham con i suoi due figli, Gelasio e Roffredo, decisero di creare un giardino in stile anglosassone dopo aver già cambiato l'altra grande proprietà di famiglia a Latina, il Fogliano. Poi fu la volta di donna Marguerite Chapin Caetani, americana, che ordinava dai vivai inglesi di Hillier & Sons, rododendri e ciliegi da piantare lungo i viali e attorno alle sette chiese, ormai ridotte in macerie, mentre Roffredo, il marito, si occupò dell'effetto «sonoro» creando un itinerario per le acque. Dopo Marguerite, la vera tessitrice del giardino fu la figlia Lelia, sposata con l'inglese Hubert Howard, che fece abbattere i salici che piacevano alla madre per far posto a pezzi di giardino «ricamati», con sfumature di colori, in preferenza rosa, pallidi azzurri e gialli. Donna Leila chiamava i fiori, i suoi angeli, e da pittrice quale era, trasformò questo giardino struggente in un quadro con le stesse sfumature delle sue tele senza mai usare sostanze inquinanti. La cittadella che si estende su 114 ettari di cui sette a giardino e un'oasi di protezione di 1852 ettari, dal 2000 è stata dichiarata dalla Regione Lazio «monumento naturale». Cosa ha di tanto particolare Ninfa può dirlo soltanto Lauro Marchetti, il curatore, per definirlo all'inglese, del «paradiso pontino». «Tutti i gardini sono belli e ognuno ha un carattere, uno stile, trasmette stimoli ed emozioni... ma la condizione fondamentale per rendere un giardino unico è che abbia un'anima e quella di Ninfa è palpitante». Marchetti che fin da bambino correva fra i vialetti (suo padre era il fattore dei Caetani) e giocava sulle ginocchia di Leila, è convinto che al di là del mantenimento e quindi dell'aspetto tecnico-cerebrale, il giardino abbia bisogno di sentimento perché le piante respirano, mangiano, sentono... proprio come pensava Leila, che amava questo «hortus conclusus» come una creatura, quella che lei non poteva avere. L'oasi è un luogo di vita, dinamico, spiega Marchetti, «che cambia anche perché noi sperimentiamo, mettiamo piante di tutto il mondo, insistiamo con quelle "felici", cioè che si adattano meglio... tutto nell'ottica della tutela, della salvaguardia della protezione a cominciare dall'afflusso del pubblico, consentito il sabato e la domenica da aprile a novembre, per una fruizione intelligente». In questa apertura, nel cuore dell'estate, trionfano i colori delle piante tropicali: il rosso sgargiante degli hibiscus, dell'eritrina, del perichum o delle foglie dei ciliegi orientali. Il bianco latteo incredibile ed inspiegabile delle foglie dell'acero che soltanto in agosto non sono verdi. L'esplosione delle foglie di Gunnera manicata: un pianta dell'Amazzonia le cui foglie, che hanno un diametro di due metri, escono dall'acqua. Poi le distese di lavanda che abbaglia con il suo colore ed inebria con il suo profumo, senza contare le tantissime rose antiche, rifiorenti... I primi visitatori furono gli inglesi, poi gli europei in generale, oggi arrivano da tutto il mondo con picchi di australiani. Nel 1966 entravano 100 persone, oggi sono 50 mila, senza contare le scolaresche e i gruppi organizzati, a richiesta durante l'intera settimana. I visitatori esplorano, ammirano, parlano piano in questo scrigno verde, quasi temendo di disturbare tanta pace e tanta armonia, e quando escono, dice Marchetti che è anche Segretario Generale della Fondazione Roffredo Caetani fin dalla costituzione, «si sentono arricchiti, inspiegabilmente emozionati, perché ad ognuno quest'angolo di Paradiso lascia un messaggio diverso». Tanti visitatori e poco legame con il territorio ovvero, vengono dall'Australia ma qualche abitante di Latina non ha mai messo piede nel giardino.... «È vero, si dimentica che questa perla fa parte del nostro territorio e non si "sfrutta" come un volano per il turismo affinchè i visitatori si fermino nella provincia pontina per apprezzare le molte altre bellezze». Per la nobile famiglia Caetani, a cominciare da Marguerite, Ninfa era un luogo ameno dall'atmosfera rarefatta e preziosa, un'isola fatta di sensibilità estetica ed intellettuale, come scriveva Giorgio Bassani «era un mondo colto e raffinato che li proteggeva ed escludeva al tempo stesso dal resto del mondo». Ed è ancora così: i suoi verdi confini sono invalicabili, oltre la siepe non si va.