Storia vera di un genio da barbone a musicista

Hal'aria assorta, ispirata, rapito da quella musica cui riesce a dar voce, che è esclusivamente quella di Beethoven. Un caso curioso cui il giornalista dedica una serie di articoli salutati subito da un tale successo che una lettrice, un tempo celebre violoncellista adesso bloccata dall'artrite, gli manda in regalo il suo violoncello. Tra il giornalista e il barbone, grazie anche a questa possibilità nuova offerta dal violoncello, si instaura una vera e propria amicizia che indurrà il primo a convincere il secondo a tornare a suonare non più sulle strade, avendo fra l'altro scoperto che quella era una sua concreta aspirazione quando, bambino, aveva dimostrato quasi geniali virtù di solista. Naturalmente, sia pure a fatica, lieto fine. Non solo il giornalista e il barbone sono esistiti ed esistono, ma il giornalista, Steve Lopez, nel film con il suo nome e cognome, su questi eventi ha scritto un libro che adesso è finito sullo schermo dopo aver suggerito anche un'inchiesta in TV. La regia se l'è assunta un inglese che stimo, Joe Wright, di cui avevo piuttosto apprezzato "Orgoglio e pregiudizio", da Jane Austen, e "Espiazione" da Ian McEwan, entrambi realizzati in Inghilterra e nell'ambito di una tradizione culturale cui Wright partecipa fino in fondo. Qui, invece, lontano da quella e sradicato in cornici e climi a lui totalmente estranei, ha ceduto quasi soltanto alla retorica (specie verso la fine) indulgendo unicamente con qualche impennata nella descrizione di quel quartiere degradato di barboni in cui però non va mai oltre a sprazzi di color locale. Dei suoi interpreti merita soprattutto una citazione lusinghiera Robert Downey Jr. nei panni del giornalista: secco, risentito, asciutto, ma anche con sinceri risvolti umani. Come barbone c'è l'afroamericano Jamie Foxx: sempre sopra le righe.