Barocci, il pittore del mistero della Madonna

Come racconta la letteratura agiografica, san Filippo Neri amava pregare davanti all'immagine della "Visitazione della Vergine a Santa Elisabetta", la prima pala commissionata a Federico Barocci dai padri oratoriani per la Chiesa Nuova di Roma.   Barocci, la cui fama, nel corso del Cinquecento, non fu inferiore a quella di Raffaello e Michelangelo, Tiziano e Correggio, appariva l'interprete ideale di un grande percorso di devozione che avesse al proprio centro il mistero di Maria Vergine e Madre. Una storia sacra, quella raccontata dal pittore urbinate, tanto intensa da propiziare rapimenti estatici, e così innovativa nelle sue suggestioni stilistiche da essere d'esempio per tanti altri artisti. Ad esempio, per il bolognese Guido Reni. E infatti nell'"Incontro di Gesù con San Giovanni Battista" non poche "concordanze" rimandano alla "Visitazione" (cfr. Marc Fumaroli , "La scuola del silenzio",Adelphi, 1995, pp. 451-53). Ecco, sono proprio questi "confronti" a costituire l'aspetto più interessante della Mostra che, curata da Alessandra Giannotti e Claudio Pizzorusso, si è aperta qualche giorno fa a Siena nel Complesso Museale di Santa Maria della Scala ("Federico Barocci 1555-1612. L'incanto del colore: una lezione per due secoli", fino al 10 gennaio 2010. Catalogo Silvana Editoriale, euro 35. Si legga anche Enrico Toti, "Pittura a Siena tra 'baroccismo' e naturalismo", Silvana, euro 12). E infatti l'evento non solo ha i tratti affascinanti della sfida se si pensa che il "segno" di Siena, dappertutto visibile, evoca il romanico, il gotico, l'"oro dei primitivi", e che ben altra è, nello scenario della Riforma Cattolica e del Manierismo, la cifra del Barocci; non solo presenta trentaquattro splendide opere del Maestro di Urbino, che della sua arte ci forniscono i tratti distintivi, sia durante gli anni "romani", sia quando, tornato nella propria cittadina, si chiuse in una sorta di isolamento esistenziale; ma ci propone anche, con cento opere di artisti che al Barocci in qualche modo si ispirarono, un percorso nella cultura italiana ed europea dal Cinque al Settecento. Ne deriva un'immersione totale nella luce e nei colori, variamente attinti nel segno e nel senso della Grazia, con le forme che si sublimano in sacre armonie: un vero e proprio "viaggio" nella visione, da Annibale, Ludovico, Agostino Carracci a Guido Reni, da Rubens a Van Dyck, da Bernardi Strozzi al Cigoli, da Rosalba Carriera a Fragonard, a quella "scuola senese" che, soprattutto con Francesco Vanni, trasse alimento dalla pittura baroccesca senza essere immemore delle specialissime "radici" medioevali.