"Il mio eroe perverso e maschilista"

Nel 1939, al termine della guerra civile spagnola che vide la presa del potere da parte del generale Francisco Franco, 13 ragazze della Gioventù Socialista Unificata, alcune minorenni, furono fucilate dopo un processo-farsa. La storia è ora rievocata nel film «Le 13 rose» di Emilio Martinez Lazaro, tratto dall'omonimo libro di Jesus Ferrero e distribuito dal 28 agosto da Bolero Film. Il cast della coproduzione italo-spagnola, che ha ottenuto in Spagna 14 nomination ai Premi Goya, ha come protagonisti anche alcuni attori italiani. Oltre ad Enrico Lo Verso e a Gabriella Pession, che approderà al prossimo festival di Roma con la commedia di Luca Lucini «Oggi sposi», c'è anche Adriano Giannini. Quale ruolo ha in questo film? «Vesto i panni di Fontenla, il più fascista e torturatore degli aguzzini di Franco. Più che servirmi di una preparazione storica, ho cercato di entrare nel personaggio e nella sua ambiguità eroica e sessuale che è molto forte. Ho voluto spogliare il mio personaggio della solita retorica che propone il sadico ufficiale filonazista». Come vive la Spagna di oggi questo atroce fatto di sangue, nel quale morirono anche 43 uomini? «So che da molti spagnoli queste vicende sono tuttora rimosse. Si cerca di dimenticare che quelle innocenti ragazze, tra i 15 e i 20 anni, detenute nel carcere di Ventas a Madrid, furono processate e condannate a morte il 5 agosto 1939 con l'accusa di essere complici di un attentato al generale Franco. Eppure, viene tuttora considerato uno dei crimini più agghiaccianti della Guerra Civile spagnola, ma anche una sorta di crudele rito di passaggio verso la normalità». Come si è trovato a lavorare in un cast prevalentemente spagnolo? «I colleghi in Spagna sono molto preparati, provengono da scuole di recitazione più serie e dure delle nostre e non vivono il mestiere dell'attore con quel divismo provinciale che spesso impera nel nostro Paese. Con la Pession abbiamo avuto una sola scena insieme: lei interpreta Adelina, la più scherzosa e infantile delle 13 vittime». Cosa pensi da uomo dei soprusi che, ieri come oggi, devono subire le donne nel mondo? «Tutti gli accadimenti che violano i diritti umani sono sconvolgenti. Ma anche nel passato le donne sono sempre riuscite ad imporsi nonostante tutto. Mia nonna Elisabetta era ebrea e, quando sposò mio nonno, venne a Genova: lei, che parlava tedesco, riuscì a sventare la distruzione del porto di Genova venendo a conoscenza della mappa delle mine. E tutto questo in famiglia si seppe solo dopo la sua morte. Lei non ne aveva mai parlato e tanto meno il nonno: per una forma di pudore, forse». Lei è maschilista? «Non so bene cosa significhi. Quello femminile è un mondo interiorizzato, che spesso è stato represso e questo è orribile. Ma credo nel rispetto delle diversità e penso che la donna sia più pura dell'uomo, visto che deve custodire la vita».