Un progetto iconico in cui la luce è simbolo della rivelazione di Dio

Gliabitanti del paese nuovo non potendo più usufruire normalmente della vecchia chiesa parrocchiale situata nel centro storico hanno dovuto accontentarsi, per assistere alle funzioni religiose, di un modesto capannone prefabbricato. Nel 1996, in occasione della sua visita pastorale, l'allora vescovo di Civita Castellana, monsignor Divo Zadi promise solennemente che sul luogo, di fronte al nuovo municipio, sarebbe sorta una chiesa e mi chiese di progettarla insieme a mia moglie Giovanna come omaggio alla comunità di Calcata di cui eravamo ospiti dal 1973. La nuova chiesa di Calcata fin dall'esterno appare come composizione di due parti distinte: il basamento compatto e articolato come le mura di una ideale cittadella, che esprime la presenza del popolo di Dio raccolto in preghiera e il tiburio verticale che si allarga verso l'alto come mediazione tra terra e cielo ed esprime la trascendenza della Domus Dei: del luogo in cui si rinnova il sacrificio dell'Eucarestia. Dall'interno la prima parte genera lo spazio compresso e centripeto della comunità che circonda l'altare, la seconda con la sua spazialità dilatata in altezza capta la luce e la diffonde sui fedeli, rievocando il miracolo delle Pentecoste. Il passaggio tra le due zone è segnato da una corona irraggiante che materializza la luce, «luce da luce» come recita il Credo. La centralità dell'ambiente è combinata con una accentuazione dell'asse longitudinale, ottenuta con la successione delle tradizionali tappe del percorso processionale, simbolo della chiesa pellegrinante, in cammino verso la salvezza: il portale, l'atrio, la navata e l'abside con l'altare, l'ambone e la immagine del Cristo risorto. In questo modo la nuova chiesa propone una sintesi delle soluzioni sperimentate dopo il Concilio Vaticano e introduce il tema della illuminazione dall'alto che imprime un senso unitario alla celebrazione liturgica ponendo l'accento sul fatto che la chiesa cristiana non è un tempio in cui la divinità ha la sua sede separata ma un luogo aperto in cui si raccolgono come pietre viventi i fedeli, templi essi stessi che invocano la presenza del Cristo di cui la chiesa come istituzione rappresenta il corpo mistico. La matrice geometrica di base è il poligono di sette lati, raramente utilizzato dagli architetti anche per la difficoltà della sua costruzione geometrica indagata da Leonardo e da Dürer. La scelta deriva dal fatto che il numero sette è privilegiato dalla tradizione religiosa ebraica e cristiana. Sette sono i giorni della settimana e del ciclo lunare, sette sono i sacramenti, sette i doni dello Spirito Santo, sette le virtù, sette i Dolori della Vergine, quattordici le stazioni della Via Crucis. La chiesa di Calcata ospita una serie di opere d'arte concepite in sede progettuale e strettamente legate a un programma iconologico. L'altare in terracotta, opera dello scultore Paolo Borghi, autore di numerose opere di soggetto religioso tra le quali va ricordato l'ambone della cattedrale di Terni e il grande portale del santuario di San Francesco di Paola, ha sulla fronte una immagine del Cristo Crocifisso con la Madonna e San Giovanni ai lati della croce; mentre sui due lati sono rappresentati il sacrificio di Isacco e il Cristo che bussa alla porta secondo una immagine dell'Apocalisse. Dietro l'altare, accanto alla sede vescovile, si colloca una immagine di Cristo Risorto realizzata in terracotta policroma dallo stesso scultore che ha modellato l'altare. Di Paolo Borghi sono anche la statue in bronzo della Madonna e le statue in terracotta dei due Santi protettori di Calcata, San Cornelio e SanCipriano. I due grandi paesaggi nelle cappelle laterali sono opera del famoso paesaggista di Bevagna, Luigi Frappi, e la vetrata colorata sopra il portale di ingresso è di Rita Rivelli. La chiesa di Calcata vuol entrare nel dibattito attuale sugli indirizzi dell'arte sacra e prende partito per una restituzione alla architettura dei ruoli che tradizionalmente l'hanno legata alle esigenze della Chiesa. Papa Ratzinger nel suo bel libro «Introduzione allo spirito della liturgia» ha scritto: «Noi, oggi, non sperimentiamo solo una crisi dell'arte sacra, ma una crisi dell'arte in quanto tale, e con un'intensità finora sconosciuta. La crisi dell'arte è un altro sintomo della crisi dell'umanità, che proprio nell'estrema esasperazione del dominio materiale del mondo è precipitata nell'accecamento di fronte alle grandi questioni dell'uomo, a quelle domande sul destino ultimo dell'uomo che vanno oltre la dimensione materiale. Questa situazione può essere certamente definita come un accecamento dello spirito». La chiesa di Calcata vuole in tutta umiltà partecipare al dibattito sugli indirizzi di una architettura «sacra» che, senza rifiutare un legame critico con il mondo contemporaneo sappia sottrarsi a questo «accecamento».