Le note di Bach corrono sul violino di Kavakos

Cecilia– in dicembre, diretto da Antonio Pappano – il violinista greco Leonidas Kavakos, nato ad Atene, perfezionatosi in USA, vincitore del Premio Paganini 1988, che gli spalancò davanti una carriera internazionale. Eccolo tornare, beneamato dal pubblico romano, per il concerto cameristico di questa sera nella Sala Sinopoli, insieme con un ensemble di prim'ordine: la Camerata Salzburg. La più che cinquantennale formazione, istituita e diretta da Bernhard Paumgartner col fior fiore degli strumentisti di Salisburgo, è stata sempre scelta dai migliori solisti, per esempio dalla valente ma incontentabile pianista nipponica Mitsuko Uchida. Oggi l'ensemble accompagnerà Kavakos, dalla calda e ampia arcata, nel «Concerto in re minore per violino BWV 1052» di Johann Sebastian Bach, in cui il mitico compositore tedesco si stacca dal pur amato e luminoso modello dei Concerti per violino di Vivaldi, per attingere un più profondo, interiore e drammatico rapporto fra lo strumento e l'orchestra d'archi. La Camerata Salzburg continuerà poi il suo articolato percorso eseguendo la giovanile «Suite per orchestra d'archi» del moravo Leos Janácek, che vi si emancipa dai residui romantici, pervenendo ad una irrequieta ricerca di nuove soluzioni armoniche e timbriche, cui non è estranea una venatura popolare. Infine, una chicca: la trascrizione per archi, ad opera di Gustav Mahler, del bellissimo quartetto di Schubert che prende il nome de «La Morte e la Fanciulla», capolavoro di malinconico e struggente sentimento del giovane e sfortunato compositore del Romanticismo austriaco.