Giorgio Albertazzi

Quella dedicata alla Leggerezza. Nella letteratura e nella vita. Tutto esaurito, per l'intera tournée. Albertazzi è Calvino e poi Dante, Amleto, Cavalcanti, Lucrezio, Ovidio, Cirano, Leopardi, Kafka. Così come è stato Adriano o Borges, o il capitano Achab. Agile, denso nella letteratura, e nell'impegno civile. Il 24 marzo al Teatro Ghione di Roma riceve dal sottosegretario agli Esteri, Alfredo Mantica, la medaglia d'oro "per la promozione della lingua e della cultura italiana all'estero". Che cosa ne pensa, Albertazzi? Sono commendatore, grand'ufficiale, cavaliere di Gran Croce. Adesso mi consegnano questa medaglia d'oro. Credo sia per le Memorie di Adriano che vincono il festival di Madrid e portano la lingua italiana al teatro di Erode Attico di Atene, a Praga e in Russia. Forse per l'Amleto a Londra - a proposito il National Theatre di Londra ha aperto un'esposizione permanente dei maggiori interpreti shakespeariani: il solo italiano presente è Albertazzi. O forse per il Dante a Parigi e a Ginevra. Grazie comunque. Un onore. Ora non mi resta che diventare Senatore della Repubblica. Ci terrei tanto. E ci penso in questi giorni, mentre si rilancia l'idea di nominare Mina. Le piace fare politica. Già una volta volevo candidarmi alle elezioni, in Calabria. Non se ne fece niente, non mi ricordo il motivo. Adesso vorrei sedere a Palazzo Madama. Perché sento di poter incarnare i valori dello Stato e della mia Nazione. E che farebbe sullo scranno? Lei più che uomo di destra ha sempre detto di essere anticomunista. Però è amato bipartisan. Alla guida del Teatro di Roma, all'Argentina, per due mandati, è stato nominato durante il regno della sinistra. Sanno che sono autentico, che amo la libertà. Ho fatto esperienze politiche mostrando integrità di comportamento. Io credo più nelle persone che nei progetti a tavolino. È questo il succo della politica. E dunque, sono amico di Dario Fo come di Zeffirelli. Ripeto, ho fiducia negli uomini, non nelle astrazioni. Il comunismo marxista è un'astrazione. Tragica. La storia lo ha dimostrato. «È un'utopia che ha generato tragedie. Diffido degli utopisti. I millantatori di idee, quando sul piano pratico affrontano la realtà, quella di un popolo, dico, diventano pericolosi. Il comunismo immagina un uomo che non c'è. Il principio astratto dell'uguaglianza e della dittatura del proletariato. Che vecchia solfa. Ma la storia ha vissuto anche altre utopie. Il cristianesimo, per esempio. Parla dell'uomo che offre l'altra guancia. Ma ha come centralità l'amore. È questa la grande innovazione". Sente il carisma di Gesù, lei che dice di non credere? Il Gesù storico è un essere eccezionale verso il quale ho una posizione dostoevskiana. Gesù è l'uomo che ha fatto un viaggio straordinario nel mondo. Il suo è un messaggio rivoluzionario che ha cambiato la Terra. Ora porta in giro la Lezione americana di Calvino dedicata alla leggerezza. Ma nel vivere civile, nel privato, nella politica leggerezza che cos'è? La leggerezza non è casualità. Non è la piuma che cade, come dice Paul Valery, ma l'uccello che coniuga movimento e bellezza. È un valore di cui investire tutto il possibile senso della vita. È l'arte di essere lievi. Solo così ci si apre al mondo, agli altri. L'orfismo si chiedeva dove fosse la profondità. E rispondeva: in superficie. Invece tutto ciò che scegliamo e apprezziamo come leggero non tarda a mostrare il suo peso insostenibile. Anche l'amore, purtroppo. È come la contrapposizione tra rock e lento di Celentano? Ingegnosa trovata, quella del Molleggiato. Una filosofia della realtà. Com'è pesante la politica? Guardi, non si può pensare che sia ancora quella della Repubblica di Pericle. Ma la rissa continua, la chiusura nel proprio piccolo mondo rende grave la politica. Insomma, che parlamentari vorrebbe? Li vorrei come Churchill. Ricordo un dibattito alla Camera dei Comuni. La contrapposizione era forte, ma la discussione si svolgeva ridendo, punteggiata di battute. Soprattutto sue. Veltroni è lieve? Lo stimo, ha una visione ampia della politica. Ma ha sbagliato perché l'ha ridotta alla contrapposizione a Berlusconi. Il Partito Democratico è una grande intuizione per l'Europa, ma senza una proposta di prassi politica valida che superi la contrapposizione maggioranza-opposizione e si radichi nella realtà del Paese, nel suo sviluppo concreto, Veltroni o Franceschini è destinato a fallire. Ora, Berlusconi. Ha anche lui le sue debolezze, i capelli, l'altezza...Ma la sua capacità di intuire la politica è eccezionale. Le sue battute, la prontezza, la grinta sono state la svolta del sistema Italia. Usa la levità più degli altri. Meglio le corna che fa lui della seriosità ipocrita di certi politici italiani. Una figura importante. Come Craxi. Come Bossi. Non mi dica che anche Bossi è una piuma. Beh, non mi dispiace l'ironia campesina della Lega. Parli di Obama, visto che porta in teatro Lezioni americane. Ha vinto con leggerezza, ha un messaggio lieve, specie di fronte al marine McCain, un po' pietra. Ma non lo cambierà l'esercizio del potere? Bella domanda. Negli dei il potere era leggerezza. Barack ha il sorriso, l'agilità corporea, il pensiero che vola. Credo che non si guasterà. Dalla politica agli affetti. Insidiati come non mai. Oggi anche l'amore di Romeo diventerebbe pesante. Come evitarlo? Sfuggendo alla nostra piccola dimensione. Accade nelle coppie. Chiuse nelle loro impuntature, attente ai dettagli. Trasformano tutto in veleno, volano basso. Invece, che bello camminare senza peso sulle cose, tendere all'ampiezza, all'universale. Le donne. Via il luogo comune della donna frivola. Essa ha una sua pensosità che la fa grande. Sulla scena di "Moby Dick" ho lavorato con attori tutti uomini. Bravi, bravissimi. Ma ho sofferto l'assenza di un soffio femminile. Il mondo senza donne è come una stanza senza finestre. Esse hanno, come dice Borges, l'intelligenza del corpo. Lei è un seduttore. Mi lascio sedurre, piuttosto. Mi faccio prendere dall'amore, che è lo stravolgimento di tutti i sensi. "Mi fa male una donna in tutto il corpo", ancora Borges. È la più grande frase d'amore. L'amore corporeo dell'uomo, non quello spirituale di Cavalcanti, né quello di Dante per Beatrice. È Francesca da Rimini quella che Alighieri ama. La Divina Commedia. Le piace come la legge Benigni? Il mio conterraneo è grande, pensi a "La vita è bella". Dante non sa leggerlo secondo le regole dell'endecasillabo. Però ha un suo modo di vivere l'Alighieri. Come una ragazzata. E va bene così. Che ne dice del milione di euro a Bonolis per Sanremo? Il mercato sta divorando se stesso come è già successo per il comunismo. Ma non vedo nero. L'eccesso di pesantezza porterà a un momento di sviluppo, alla leggerezza. Siamo arrivati al fondo, non possiamo non reagire, non cambiare. Bisogna trovare un modo etico per affrontare la grande crisi del capitalismo e del mercato. Berlusconi prima ci ha scherzato su, poi si è detto preoccupato. La sua boutade era leggera ma non superficiale, e come al solito l'hanno resa frivola. Bianca Toccafondi, Anna Proclemer, Elisabetta Pozzi, Mariangela D'Abbraccio, le sue donne. L'altr'anno ha sposato Pia de' Tolomei, 36 ani più giovane di lei. Un rapporto straordinario. Aveva 19 anni quando ho conosciuto questa contessa, discendente della dolcissima figura dell'Inferno dantesco. Siamo legati dall'80. Vivendo insieme e no, con un grande senso di libertà. Una persona speciale, che abita nella sua Maremma, tra cani e cavalli. La nostra unione durerà sempre. Vorrei dire oltre la morte. Le notti di Albertazzi. Sono sveglio a lungo, fino alle quattro. Scrivo. Ora un libro di poesie, che uscirà per Mondadori. E una strana biografia. Si intitola "Vita di G. dopo i cinquant'anni raccontata da un suo omonimo". Com'è oggi la vita di G? Straordinaria. Sono un survivor, un sopravvissuto a me stesso. Sono vecchio senza essere diventato adulto. E non ho nulla del vecchio. È il messaggio che voglio trasmettere. Signori, ci vogliono molti anni per diventare giovani.