L'ultima favola di Christopher Reeve

Si comincia perciò con un ragazzino di New York così patito della celebre squadra degli Yankees da chiamarsi egli stesso Yankee. Naturalmente gioca a baseball, nella squadra della scuola e addirittura come battitore, ma non gli riesce un colpo, così lo eliminano. Sconsolato, se ne torna a casa mogio mogio, ma - primo risvolto fiabesco - ecco che si imbatte in una palla da baseball che... parla, rivelandogli subito un carattere buffo. Segue - secondo risvolto fiabesco - un incontro inatteso con una mazza, sempre da baseball, che non solo parla anche lei, e con modi civettuoli, ma appartiene al più famoso battitore degli Yankees cui è stata fatta rubare dall'impresario di una squadra rivale nella certezza che il suo proprietario, adesso, perderà tutta la sua forza (un po' come Sansone dopo il mitico taglio di capelli). Da qui una peripezia variamente avventurosa che conduce il piccolo Yankee a far di tutto per riportare la mazza prodigiosa al suo proprietario, inseguito dal ladro che l'ha rubata su commissione. Il finale non sarà solo lieto ma trionfale perché il piccolo Yankee arriverà a dimostrarsi addirittura un "grande eroe"; come lo definisce il titolo italiano del film. La regia è firmata anche dal compianto Christopher Reeve, morto quattro anni fa. Credeva molto al progetto così la sua vedova ha tenuto molto a condurlo in porto con la collaborazione di altri registi e anche di altri sceneggiatori. Il risultato, non solo per i bambini, è piacevole. I disegni, con il digitale, acquistano tutti anche la terza dimensione, i personaggi hanno facce gentili per un verso mentre, per un altro, il ladro della mazza, in veste di cattivo di turno, è portato furbescamente fino ai limiti di una caricatura che, anziché mostrarcelo feroce, lo mette alla berlina come ridicolo, coinvolgendolo in una serie di disavventure in più momenti addirittura esilaranti. Senza risparmio di sberleffi. Forse gli altri personaggi sono di maniera, compreso il piccolo protagonista con atteggiamenti un po' stereotipati ma nel suo insieme la favoletta può farsi accogliere con simpatia. Grazie anche a quella sua morale che invita a non aver paura degli ostacoli. Sentita evidentemente anche dall'ex Superman quando deambulava su una sedia a rotelle.