La poesia, quel sogno antico di libertà che ha reso l'Italia un grande Paese

..Sono fuochi che stanno mettendo a dura prova, stanno provando se il nostro Paese ha ancora la tempra umana per reagire e sperare oppure no, se tutto sta andando in fumo. In questi fuochi si mette in questione, si cribra, il futuro dell'Italia. Va in fumo la nostra gioventù? Le fiamme alzano cortine oscure sul futuro? Ma ci sono anche altri fuochi. Meno visibili, o meglio meno indicati dai media. E sono fuochi invece di nuove officine, di bivacchi di viandanti della speranza. C'è stato il grande incendio che è divampato nel Paese grazie all'incendiario Benigni con le parole di Dante. E la poesia fa brillare ovunque la sua strana inquieta fiamma. Ogni giorno, in centinaia di luoghi in Italia, nel disinteresse dei media ma nell'interesse di tanta gente di ogni genere, i poeti e la poesia offrono la loro voce all'ascolto di un popolo disperso che cerca riferimenti e lingua comune. Letture di ogni genere, a Roma, dal teatro di poesia a Lo Spazio, della Fondazione Claudi il 10 e il 18, a Massenzio-poesia il 19. E prima il premio Luzi, consegnato il prossimo venerdì 6. E poi a Fabriano si è appena concluso il bel festival Poeisis, con Alessandro Preziosi che in piazza ha letto Eliot, e in affollate letture nei giardini si sono alternati da Milo De Angelis a Umberto Piersanti, a nuovi poeti di valore, come il romano Nicola Bultrini. A Bologna per il mese di giugno e inizio luglio Festival del centro di poesia contemporanea. A Genova il grande Festival di metà giugno. A Milano da poco il Teatro Il Piccolo ha dedicato una giornata alla poesia, così come vari appuntamenti si sono succeduti all'Argentina a Roma e al Biondo di Palermo. A settembre a Ravenna andrà in scena per il terzo anno Dante09, un festival di tipi danteschi, e a Riccione un ritrovo dei nuovi poeti italiani. Una vitalità che sembra sotterranea, che non trova riscontro sui media e spesso nemmeno nelle librerie. Ma che c'è, innegabilmente. A cosa è dovuta questo apparente revival? In primo luogo al fatto che non si tratta in realtà di un Revival. Infatti i poeti italiani, spesso incuranti della mancanza di fama e di onore (e di soldi) hanno da sempre girato la penisola, fin dai tempi antichi ai maestri recenti come Luzi o Loi, a dire le loro poesie in ogni genere di ritrovi. Dalle scuole ai circoli, dalle chiese ai bar e alle piazze. Nei luoghi «comuni» degli italiani. I quali, secondo motivo, nonostante le aride recinzioni proposte da accademici e dalla scuola, non hanno mai smesso di amare la poesia e di sentirsi un po' tutti poeti. Con le inevitabili confusioni e cascami estetici, ma con una attenzione mai diminuita. E ora molto di tutto questo trova nei festival e nella disponibilità di attori piccoli e grandi l'occasione per emergere. Pochi ancora i teatri che si accorgono del fenomeno, ma cresceranno. Questa fame di parole da condividere ascoltando, indica che nel nostro Paese c'è una fame diffusa, selvaggia di parole e di punti di riferimento che parlino della vita con profondità e attenzione. Non lo fa quasi mai la politica - a cui si riserva così grande spazio invece sui mezzi di comunicazione - non lo fa quasi mai il giornalismo, spesso ridotto a circuito limitato tra addetti. E spesso non lo fa nemmeno la Chiesa, laddove invece di ascoltare l'indicazione di semplice essenziale profondità di Benedetto XVI, si perde in lagne o in trovate inutili e irritanti. Allora i poeti esistono, sono di buona qualità e numerosi. Escono varie collane, varie antologie. Un mio libro che affronta le questioni dell'attualità con lo sguardo dei poeti viene letto e discusso ("Il fuoco della poesia", Rizzoli). E si discute delle poesie del ministro Bondi e di quelle attribuite a Napolitano. Solo alcuni critici dalla vista annebbiata o risentita per loro personali insuccessi poetici possono lamentare che la poesia è morta. Sono «morti» loro, forse. Certo, molto resta da fare perché la poesia sia nuovamente risentita come luogo «disponibile». Ma il segno va colto. Con quel che comporta di drammatico, di fertile e di irrequieto. Un segno di libertà, che va letto e interpretato da chi vuole amare davvero l'Italia.