Sono in molti, in primis Salisburgo e Vienna, a rendergli ...

Vi sono autori come Mozart, Beethoven, Brahms o Wagner e Richard Strauss, nei quali la presenza di Karajan recò sostanziali correzioni, non sempre condivise, alle interpretazioni correnti determinando una svolta significativa. Era nato a Salisburgo, la città di Amadeus, il 5 aprile del 1908, aveva debuttato sul podio a soli 19 anni ne "Le nozze di Figaro" mozartiane ad Ulm. A 25 anni è già sul podio del Festival di Salisburgo, dove diventerà negli Anni '70 protagonista assoluto, e allo Staatsoper di Vienna nel 1936 col Tristano di Wagner. Dopo aver debuttato alla Scala di Milano (1940) ed a Bayreuth nel 1951 e nel 1952 ("L'Anello del Nibelungo", "I Maestri cantori di Norimberga" e "Tristano e Isotta"), nel 1955 succede a Furtwängler al timone dei Berliner Philharmoniker, che contribuirà a rendere leggendari. Incarichi di responsabilità lo attendono poi sia a Salisburgo sia all'Opera di Vienna, dove nel 1956 succede a Carl Böhm. Karajan predilesse l'opera italiana, non solo Verdi ("Don Carlos", "Trovatore", "Aida") ma anche il verismo de "I Pagliacci" e di "Cavalleria rusticana". Un posto a parte merita tuttavia il suo Beethoven (le Nove Sinfonie registrate integralmente almeno tre volte ed il Singspiel Fidelio), espressivamente dilatato, enfatizzato, non considerato quale originale successore di Mozart come per Walter o Böhm e comunque illuminato autore del tardo Settecento illuminista, ma quasi antesignano preromantico del titanismo wagneriano. Insomma un Beethoven più nietzschiano che kantiano. Del resto, Karajan fu un tramite straordinario tra il passato musicale ed il futuro, rileggendo il primo in chiave di esasperato individualismo, di esplosione fonica sempre splendidamente calibrata e spettacolare. Leggendarie rimangono la sua meticolosa ricerca dell'effetto giusto al posto giusto, le calibrate dinamiche, le trasparenze sonore, la raffinatezza del fraseggio. Leggendaria anche la sua prodigiosa memoria (centinaia di partiture dirette senza il testo dinanzi) ed indiscutibile il suo fascino magnetico, il carisma dinanzi all'orchestra ma anche un'immagine di interprete austero e mistico costruita con una meticolosa cura mediatica della sua immagine (anche sui campi innevati delle Alpi accanto alla bella moglie Eliette). In molti lo hanno considerato il più grande direttore d'orchestra della seconda metà del secolo scorso per la sua capacità di ottenere dall'orchestra un suono inconfondibile, spesso e compatto nelle strappate violente e negli accordi pieni, delicato e morbido nei pianissimi e nei momenti espressivi. Un suono unico capace come pochi altri ad esprimere sensazioni contrastanti, certezze e nostalgie, ricordi ed angosce ma soprattutto di cogliere l'essenza profonda del discorso musicale nella cangiante realtà della tavolozza sonora.