L'Italia Littoria alimentò il sogno della Grande Albania

Il fatto che vi si svolse, nel secolo XIV, una battaglia contro i turchi-ottomani di Murad I, che segnò la fine dell'indipendenza dell'antico regno di Serbia, ne accresce, per Belgrado, il significato storico e sentimentale. La regione, abitata in prevalenza da una popolazione di ceppo albanese, è proprio per questo contesa. La bandiera con l'aquila nera di Scanderbeg, agitata dagli indipendentisti di Pristina, è la stessa che garrisce a Tirana e lascia intravedere una intesa tra le due comunità, nel nome anche della comune fede islamica, cosa che fa infuriare i cristiani-ortodossi serbi. Ciò che accade nel settore contiguo al nostro paese (e che non può lasciarci indifferenti) evoca un precedente poco noto. Fu l'Italia littoria, infatti, ad assegnare il Kosovo all'Albania, per ingraziarsi i circoli nazionalistici che avevano mal digerito l'occupazione decisa da Mussolini il 7 aprile 1939. Galeazzo Ciano, ministro degli Esteri, genero del Duce (il "generissimo", si diceva nei salotti della Roma-bene) si atteggiò a protettore del paese delle aquile, considerato alla stregua di un suo feudo personale. Pochi giorni dopo gli sbarchi italiani a Durazzo e Valona, Ciano annotava sul suo Diario: "Giornata particolarmente dedicata all'Albania. Ho un colloquio con Stylla, ex ministro (albanese) a Belgrado. Mi intrattiene soprattutto sul problema dei Cossovesi, cioè 850mila albanesi fortissimi fisicamente, saldi moralmente, entusiasti all'idea di una unione alla madre Patria. Pare che i serbi ne abbiano un terrore panico". Con molta leggerezza, non si scorgevano gli svantaggi ed i pericoli futuri di ciò che sembrava conveniente al presente e si sedimentavano rancori tra una etnia e l'altra, destinati a durare nel tempo, fino ad oggi. Quando, nel 1941, la Jugoslavia fu sconfitta e smembrata dagli italo-tedeschi, venne il momento di soddisfare l'irredentismo albanese con l'assegnazione del Kosovo: prendeva corpo la "grande Albania", ingrandita con 16mila chilometri quadrati e 750mila abitanti. Sempre sul Diario di Ciano, si coglie questo caustico e divertente risvolto del "nuovo corso" a Tirana: "Tutte le cerimonie si sono svolte bene. Col ricevimento serale si è inaugurato Palazzo Reale. Sono mancati otto accedinsigaro, una scatola d'argento e sessanta posate. Come debutto della società di Tirana, non c'è male". In realtà, si scherzava col fuoco, attizzando odî insanabili nei Balcani. Erano gli anni nei quali si designava il duca Aimone di Savoia-Aosta al trono della Croazia col nome di Tomislao II. Per venire incontro ai desideri della regina Elena, montenegrina, dinastia dei Petrovic-Negos, si rintracciava un riluttante nipote, da insediare a Cettigne, un tal Danilo ("il sempre indebitato Danilo", commentò divertito Mussolini, in quanto era il nome di un personaggio della operetta "La vedova allegra", di Franz Lear). In forza di un singolare ricorso storico, la Jugoslavia si è dissolta (questa volta per implosione): sono sorti nuovi Stati, non senza traumi violenti: Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Macedonia. Nessuno si augura che, per far nascere lo Stato indipendente del Kosovo, sia versato altro sangue.