Saverio Costanzo: io diviso tra cuore e ragione

I critici stranieri hanno molto apprezzato il tema del film, rigoroso e unico nel panorama del made in Italy, che finalmente esce fuori dal coro delle piagnucolose commedie italiane fissate con le crisi generazionali. Costanzo narra il mondo chiuso delle istituzioni religiose. Andrea (Christo Jivkov) entra in seminario per fuggire da una vita che non comprende più. Le rigide regole a cui Andrea si sottopone servono a dare un senso alla sua freddezza, alla sua incapacità di amare, fornendogli una giustificazione. Ma un compagno di noviziato, il tormentato Zanna (Filippo Timi), lo fa riflettere su come la Chiesa possa invece allontanare dalla parola di Cristo. «L'indifferenza che viene chiesta ai novizi può diventare cinismo e durezza - ha spiegato Costanzo, figlio di una teologa che gli è stata molto vicino per le scene del film -. Il loro è un percorso tra ragione e cuore: resistere-isolarsi, amare-condividere. Con gli attori, prima delle riprese a Venezia, ho seguito a Bologna una settimana di esercizi spirituali in totale silenzio. Esercizi che annullano il tuo io e spingono a non sentire più con il cuore: c'è una grande ambiguità in tutto questo. L'istituzione religiosa è spesso sorda ai bisogni del mondo, lontana. Io e molti miei coetanei abbiamo difficoltà a fare scelte definitive, forse a causa di un eccesso di libertà: la storia di Andrea rappresenta una fuga dall'eccesso di libertà, la sua è una prigionia volontaria, alla ricerca di un'altra consapevolezza». La polemica sul film si è subito accesa, questa volta con le gerarchie ecclesiastiche e il mondo cattolico complice anche un bacio tra il novizio Andrea e il suo istruttore di fede: «Se il film non piacerà al Cardinal Ruini non mi stupirò e ne sarò perfino orgoglioso - ha aggiunto il regista -. Vuol dire che sarò riuscito ad innescare una riflessione. Non ho fatto un film sulla religione, anzi, rispetto al romanzo di Furio Monicelli ("Il gesuita perfetto") al quale mi sono ispirato, ho tralasciato l'ambientazione tipica degli anni '50. Il tema dell'omosessualità era invece molto lontano dal mio obiettivo. Racconto una ricerca interiore che sfocia in una personale riflessione sull'amore e quindi anche sulla sessualità, quella parte di carne e sangue che è in ciascuno di noi e che invece Andrea e i novizi allontanano da sè. Racconto l'amore, ma anche la rinuncia, la sofferenza e la speranza. Se poi vengo criticato dalla chiesa, in particolare dal gesuita Federico Lombardi in merito alla veridicità degli esercizi spirituali ignaziani (quelli insegnati da Sant'Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti) che metto in scena, penso che forse il film ha colpito anche questi autorevoli osservatori. E quel discorso prima del bacio non è altro che una citazione tratta da "Il grande inquisitore" di Dostojevski». d.disa@iltempo.it