Perugia

Una storia opposta a quella appena finita, dopo 60 anni di veleni, a Palazzo Barberini lasciato libero dagli Ufficiali (del Circolo) per far ritrovare alla Galleria Nazionale d'Arte Antica spazi adeguati. Va in scena a Perugia, che ha inaugurato ieri la resuscitata Galleria Nazionale Umbra (Gnu). Ora possiede 40 sale perché il Comune di sua iniziativa s'è fatto più in là, ovvero ha sloggiato da 1500 metri quadrati di Palazzo dei Priori, riservandoli al museo. Che da oggi può sciorinare - sullo sfondo dei tetti antichi e del Monte Subasio - le sue collezioni, con opere dal Duecento all'Ottocento. Tripudio del capoluogo umbro ed estasi della supersovrintendente dell'Umbria, Vittoria Garibaldi, che da 18 anni - con in mezzo il terremoto del '97 - lavora al raddoppio della Galleria, con l'ambizione di farne un polo cultural-turistico più che nazionale. E rivincita del ministro per i Beni Culturali, Rutelli, venuto a tagliare il nastro e anche a sottolineare che la promozione, l'estate scorsa, della Garibaldi a Direttore Regionale proprio mentre era in fieri un concorso per nuovi supersovrintendenti era giustificata dal lavoro svolto, ora sotto gli occhi di tutti. Sicché le polemiche e i ricorsi contro l'investitura di «Nostra Signora della Galleria («Di tutti si può parlar male meno di Garibaldi», ha celiato il ministro) si sono dimostrati velleitari. Ma veniamo alla Gnu, realtà che mette a portata di mano anche dei romani - usi ad affollare Umbria Jazz e il Festival Musicale Umbro - l'arte più altolocata dell'Italia Centrale. Dunque, Palazzo dei Priori con 800 milioni di euro messi a disposizione dallo Stato grazie ai proventi del Lotto, è stato rifatto e messo a norma. In una superficie di 4 mila metri quadrati squaderna 500 opere tutte restaurate (3 mila in tutto quelle della Gnu, i depositi sono visibili per appuntamento). I centomila visitatori annui - dato destinato a incrementarsi - possono contare su punto d'accoglienza, biglietteria elettronica e libreria (peccato, manca la caffetteria) che s'aprono a piano terra, in uno spazio porticato che quasi porta il museo all'esterno, sul blasonato corso Vannucci. Dentro, una teoria di tavole su legno, crocifissi, stendardi, ceramiche, oreficerie, tessuti. Una raccolta popolare, nel senso che è frutto non di un ricco committente, ma dell'acquisizione di opere da da conventi e chiese. Dunque, pensate per il popolo. Ecco Piero della Francesca con il Polittico di S. Antonio (e l'Annunciazione dalla cristallina fuga d'archi, diventata logo del museo); ecco il marmo espressionista di Arnolfo di Cambio; le Madonne del Perugino e le pale dei Pinturicchio, il Crocifisso del Maestro di San Francesco e una suggestiva Santa Cecilia alla spinetta di Orazio Gentileschi. Leggero e arioso l'allestimento, soluzioni ultramoderne si innestano ad antiche scale e mura. Una torre trecentesca s'incunea in una sala, così come la cappella dei Priori, col suo ciclo d'affreschi, esemplare pittura di storia. Se si visita la galleria in questi giorni, si vedranno ancora più volentieri le decine di Natività o Adorazione di Magi. Tra queste, il Bambino sulle mani del Pinturicchio, rientrato in Umbria dopo cinque secoli dalle Stanze Vaticane di Alessandro VI Borgia. Buon Natale.