A Milano convegno su libertà di espressione, potere e terrorismo. I giornalisti in prima linea

Violazioni e manipolazioni della libera opinione, purtroppo, sono frequenti ovunque, persino nelle democrazie più avanzate (è recente la denuncia degli abusi di controlli della popolazione nei sistemi di comunicazione - da internet al telefono - da parte del governo degli Stati Uniti), ma è nei coni d'ombra delle dittature più irriducibili e feroci che scrittori e giornalisti rischiano di pagare con la perdita della libertà e, talvolta, persino della vita, i loro tentativi di opporre le armi della critica alla critica delle armi. In difesa dei diritti umani dello scrittore 34 giornalisti e autori internazionali di altrettanti Paesi si ritrovano, oggi, a Milano, per il convegno della seconda «Cattedra» organizzata dal PEN Italia, in collaborazione con l'Unesco, intitolata «Libertà di espressione, potere e terrorismo». Inaugurata l'anno scorso, sotto il l'alto patronato della Presidenza della Repubblica, la «Cattedra dei diritti umani dello scrittore» '06 vede riuniti al Palazzo delle Stelline milanese firme eccellenti di vari angoli del mondo, fra cui Cecenia, Colombia, Cuba, Cina, Nepal, Bengladesh, Portogallo, India, Iran, Turchia. Fra questi testimoni della "parola negata" vi sono cinque scrittori dissidenti, incarcerati o messi sotto processo nei loro Paesi per reati d'opinione: Mainat Kourbanova (Cecenia), che con grande fatica e altissimo rischio scrive reportage per alcuni quotidiani francesi; Zhou Qing (Cina), scrittore-giornalista, pestato a sangue e incarcerato per tre anni dopo la sanguinosa repressione di Tienanmen; Marwell Sbanda (Zimbabwe), esule in Germania dopo essere riuscito a scappare dall'assalto della polizia nella sede africana del suo giornale; l'esule cubano Jorge Luis Arzola; il giornalista turco Murat Belge, processato il 9 giugno scorso per aver denunciato il genocidio armeno e prosciolto, probabilmente grazie alle buone impressioni di sé che la Turchia cerca di offrire per favorire il suo ingresso nella Unione Europea. «Sono stato processato per reati d'opinione, in particolare per alcuni articoli scritti sul mio giornale e non graditi al mio governo, e per aver organizzato con altri quattro intellettuali del mio Paese un convegno in cui, a chiare lettere, si parlava di genocidio armeno. Siamo stati assolti. Ma altri, meno conosciuti di noi, e meno seguiti dai media, rischiano il carcere», la testimonianza di Murat Belge, 63 anni, di Ankara, cronista del quotidiano «Radikal», due anni in prigione (dal '72 al '74), nell'80 dimissionario da assistente dell'università di Istanbul per protesta contro l'intervento militare. Il PEN Italia, presieduto da Lucio Lami, è una costola del PEN Internazionale, l'associazione di scrittori con 144 centri in 101 Paesi che ha lo scopo di promuovere l'amicizia e la cooperazione intellettuale fra gli autori del mondo per battersi a favore della libertà di espressione e per rappresentare la coscienza del mondo letterario. «La Cattedra intende in particolare tenere viva l'attenzione sul fatto che molti dei Paesi che siedono negli organismi dell'Onu per la salvaguardia dei diritti umani violano apertamente, di fatto, questi diritti - spiega Lucio Lami - Da poco, è stato istituito il consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Questo organismo, fra i suoi 47 membri, comprende tuttavia un ampio gruppo di Stati colpevole di perseguitare regolarmente i dissidenti, soprattutto gli intellettuali, e fra questi moltissimi sono scrittori. Siamo di fronte a un'enorme ipocrisia, che copre silenzi e connivenze. È nostro dovere fare del nostro meglio per far sì che nell'opinione pubblica non vengano istillati i germi dell'indifferenza e della rassegnazione su questi problemi». Sono 26, tra scrittori e operatori dell'informazione, le firme assassinate nel mondo, nel corso del 2005. Questo dato, assieme al bilancio completo