L'italiano si fa bello con le giuste vocali

Come scriveva Henry Sweet, «le lingue armoniose e sonore hanno pochi suoni con distinzioni ben marcate, in specie nel sistema vocalico; mentre un numero eccezionalmente elevato di fonemi, come nell'irlandese e in misura minore in inglese e russo, implica numerosi suoni intermedi e di transizione, che vanno a detrimento dell'armonia della lingua e le conferiscono una certa mancanza di chiarezza e perfino una certa monotonia». Ma un numero troppo basso di vocali può essere svantaggioso non meno di uno troppo alto per le numerose varianti (allofoni) dei suoni principali a cui può dar luogo. Qual è dunque quello ottimale? Second Peter Ladefoged, uno dei creatori dell'Upsid (Ucla Phonetic Segment Inventory Database), repertorio fonetico delle lingue del mondo, 5 o 7 vocali rappresentano una condizione necessaria per garantire una giusta distanza tra i suoni vocalici e realizzare la massima efficacia funzionale. La prova è anche nel fatto che lingue geneticamente diverse manifestano una chiara tendenza ad ottimizzare il vocalismo: ad esempio il tagalog (Filippine) che da 3 è passato a 5 vocali, lo yoruba (Golfo di Guinea) che da 9-10 vocali di base è passato a 7, il greco che da 7 è passato a 5. Quale riscontro statistico trova questo fenomeno? Allo stato attuale soltanto il 21,5% delle lingue del mondo ha un sistema a 5V e il 10,7% uno a 7V. Circa il 70% supera le 5 vocali: è quanto emerge dal Repertorio Ucla , basato nella sua prima versione (1987) su 317 lingue rappresentative. C¹è, però, un dato significativo: gli altri sistemi (a 4, 9, ecc). sono molto meno rappresentati (di essi fanno parte francese e inglese). Ciò permette a John Crothers, artefice dello Spa (Stanford Phonology Archive), di affermare che «il contrasto tra cinque qualità vocaliche di base è la norma per il linguaggio umano, e in generale, i sistemi più comuni sono quelli più vicini a questo numero di vocali basilari». Tra le lingue indoeuropee il russo, il cèco e il serbo, hanno 5 vocali fondamentali, mentre il francese e le lingue germaniche superano le 9 (francese 11, tedesco e norvegese 15). In russo, però, come è noto, la distinzione fra tenui e forti raddoppia il numero dei suoni vocalici, mentre sia il cèco sia il serbo aggiungono alle vocali di base la lunghezza, totalizzando rispettivamente 9 (una vocale è muta) e 11 suoni vocalici (con "r" in funzione vocalica). Solo lo spagnolo, il greco moderno e l'italiano nella sua versione cosiddetta standard presentano un sistema a 5V "puro", ossia senza fattori addizionali rispetto alla qualità (l'italiano/toscano ha, come è noto, 7 vocali). Se poi si guardano anche le consonanti, la media statistica, ricavata dai dati Upsid, è 8,7V - 22,8C : il che significa che nel caso di lingue a 5V una proporzione ottimale sarebbe all'incirca 5V-13C . Vicinissimo ad essa il giapponese( 5V-15C), mentre lo spagnolo (5V-20C) e l'italiano (5/7 V- 21 C ) , specie in confronto con le altre lingue, non se ne discostano eccessivamente. È evidente, però, che ai fini di un rapporto armonico il modo in cui vocali e consonanti si raggruppano nelle unità del lessico è altrettanto importante. Come scriveva Mario A. Pei «l'impressione estetica dipende dal regolare alternarsi di consonanti e vocali e le lingue in cui le sillabe terminano per la maggior parte in vocale (per esempio l'italiano, lo spagnolo e il giapponese) fanno di solito un¹impressione più gradevole di quelle in cui le sillabe terminano per lo più in consonante o in gruppi di consonanti». Diversamente, però, da spagnolo e greco moderno (5V-24C), l'italiano non ammette parole terminanti in consonante (il giapponese ammette solo "n"), anche se tale caratteristica non è più monolitica come un tempo, specie nello scritto. Sotto questo aspetto l'italiano è unico tra le lingue europee: ciò che ci permette di ritenere tutt'altro che infondata, "impressi