Addio a Piero Cappuccilli, il «principe dei baritoni»

uno dei cantanti più applauditi del suo tempo, trionfatore alla Scala, come al Metropolitan, all'Arena e al Covent Garden. Il meglio della sua arte lo ha dato in «I due Foscari», «Rigoletto» e «Trovatore» di Verdi; e poi in «Tosca» di Puccini e «Lucia di Lammermoor» di Donizetti. «Per me cantare è parlare cantando» diceva, rispondendo a chi si stupiva della eccezionale chiarezza della dizione; una dote che lo segnalò sempre, fino a quando problemi di salute lo costrinsero, nel 1992, a lasciare l'attività pubblica per dedicarsi all'insegnamento in Italia e all'estero. Era nato a Trieste il 9 settembre 1929 e alla musica (o piuttosto alla carriera musicale) arrivò tardi, pur con l'incoraggiamento paterno. Era infatti già alla vigilia della laurea in architettura, quando si avvicinò allo studio del canto. Suo insegnante fu Luciano Donaggio, che lo preparò per il debutto che avvenne nel 1957 al Teatro Nuovo di Milano in «Pagliacci» di Leoncavallo nella parte di Tonio. Sempre sotto la guida di Donaggio vinse i concorsi di Vercelli e Spoleto e successivamente l'AsLiCo di Milano. Nel 1963 debuttò alla Scala come Conte di Luna nel «Trovatore». Nel 1969 calcò per la prima volta il palcoscenico del Metropolitan di New York. Ancora La Scala lo applaudì moltissime volte, fino all'ultima apparizione nel 1988 come Scarpia in «Tosca». All'Arena di Verona, dove fu presente almeno in venti stagioni, colse i suoi ultimi applausi con «Nabucco», nel 1991 e 1992. E proprio tornando dall'ultima recita a Verona ebbe un terribile incidente d'auto che pose fine alla sua carriera.