di CARLO SGORLON ORMAI IL terrorismo politico dei fondamentalisti islamici è diventato l'evento ...

Episodi come quelli di Mosca, di Bali, di Riad, di Casablanca, di Madrid e di tanti altri, ne forniscono una sanguinosa riprova. Forse in questo fenomeno il volto più preoccupante e rabbrividente è che i «kamikaze» vengono chiamati dalla cultura utopistica e rovesciata degli integralisti islamici, «martiri di Allah». Il concetto di martirio (parola di origine greca, che significa «testimonianza») non è certo estraneo alla cultura cristiana. Anzi, quella delle origini aveva con esso una grande familiarità, specie durante le grandi persecuzioni contro i cristiani. Essi nel mondo romano erano odiati perché malnoti. Persino un grande storico come Tacito chiama il cristianesimo «execrabilis superstitio». Non lo conosceva. Prestava orecchio alle accuse volgari e popolari contro la nuova religione. I martiri cristiani accettavano di morire per non rinnegare la loro fede, per non tributare onori divini all'imperatore, considerato un dio in terra. Non è che la cultura romana ci credesse molto. Basta pensare al pamphet di Seneca «Apocolocyntosis divi Claudii», dove il successore di Tiberio, invece di trasformarsi in un dio dell'Olimpo, si muta in una zucca. Nel corso lunghissimo della storia qualche «kamikaze» l'abbiamo avuto anche noi. I libri di storia ricordano Pietro Micca, che nella prima guerra di successione fece saltare la santabarbara della città di Torino per impedire il passaggio ai francesi invasori. Voglio ricordare anche il friulano Biagio Zuliani. Ci fu nella prima metà del Seicento una lunghissima guerra di Candia, in seguito alla quale i turchi s'impadronirono dell'isola mediterranea, che apparteneva ai veneziani. Biagio Zuliani difendeva La Canea, importante porto dell'isola. Quando si avvide che ai turchi non si poteva più opporre resistenza, si fece saltare in aria appiccando il fuoco al deposito di polvere pirica. Ma questi furono episodi rarissimi nella storia dell'occidente cristiano. Secondo la nostra etica e mentalità si può sacrificare la propria vita solo per salvarne delle altre. Per noi martiri vero è padre Maximiliam Kolbe, che offrì la sua vita in cambio di quella di un polacco padre di molti figli. Vero martire cristiano è Salvo D'Acquisto, che si denunciò autore di un attentato per salvare ventitré ostaggi innocenti, che i tedeschi avevano deciso di fucilare. Questo tipo di martire lo consideriamo un santo e lo eleviamo agli onori degli altari. Mi sembra giusto, perché la vita è il maggior bene che possediamo, e sacrificarla per salvare degli altri è veramente il massimo dell'eroismo. Ma uccidersi per trascinare nella morte vittime innocenti a noi sembra un gesto di barbarie senza pari. Ci ricorda i sacrifici umani delle religioni primitive, per esempio quelli compiuti a Moloch, i feroce dio fenicio-cartaginese, o quelli degli aztechi. I loro templi mostrano tuttora le orribili canalette di pietra in cui scorreva il sangue delle vittime. Il terrorismo dei «martiri di Allah» è per noi un fenomeno che nasce da una cultura arcaica, non evoluta e non civilizzata; da un nodo di frustrazioni, di orgoglio e di megalomania. Il terrorismo dei fondamentalisti ha probabilmente uno scopo preciso quanto utopistico: quello di giungere al potere in tutti gli stati arabi, per unificarli in un impero di dimensioni planetarie. Finora il gioco non è loro riuscito. Probabilmente non riuscirà mai, perché non è che un progetto megalomane e fuori della storia. E ciò che veniamo apprendendo, che spesso i «martiri di Allah» non sono che ragazzi o bambini fanatizzati dalla cultura dell'odio, le cui famiglie poi ricevono quattro soldi per il loro sacrificio, aumenta il nostro orrore e il nostro sdegno. Per lo più le vicende dei «martiri di Allah» non sono fenomeni di eroismo, ma conseguenze di un odio fanatico, di una viscerale volontà di vendetta e della viltà cinica di quelli che noi chiameremmo «cattivi maestri». Queste cose vanno dette e ripetute, perché nelle fasce dell'estremismo occidentale vi sono troppe comprensioni e simpatie striscianti