di REMO SAN IN PIENA civiltà mediatica un popolo si riconosce e si identifica essenzialmente ...

Inevitabilmente l'indice di ascolto diventa il vero artefice della felicità o della infelicità di tanti che a vario titolo affidano il loro destino allo share: artisti, funzionari, manager, politici ecc.... Sembrerebbe che tutto questo stia accadendo in questi giorni a Sanremo. Martedì share a 43: felicità; mercoledì share a 33: infelicità. Nel successo è una gara di felicità per salire sul carro del trionfo, nell'insuccesso la predisposizione «italiota» nella ricerca del capro espiatorio travalica tutto e tutti. Nel frattempo incombe l'attesa di quello che sarà domani e questo provoca un qual certo nervosismo giornalistico, perché quando domina il dubbio o l'incertezza si ha paura di prendere la decisione sbagliata. Una decisione, mediaticamente parlando, è giusta non quando riflette quello che pensi, ma quando, anticipandola, «azzecca» la previsione vincente, che, si badi bene, dipenderà solo dallo share. Berlusconi a Nassiriya, o Apicella a «Porta a porta» diventano così momenti di tesa conflittualità televisiva che fanno vivere momenti di grande tensione. Per fortuna c'è lo zuccotto di Tony Renis a fare da parafulmine. In tutto questo la quasi totale indifferenza mediatica sul premio alla carriera di Gino Paoli (artista che si è recato a fare visita a un altro artista) omaggiato da tre minuti di applausi con la platea in piedi, ti convince che aveva ragione lui con le parole di «eravamo quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo»... I componenti della squadra di «Quelli che il calcio» sono molto bravi, affiatati, divertenti, ma debbono correggere il tiro evitando di cadere nella tentazione di trasformarsi in «Quelli che il calcio» in trasferta a Sanremo. Sono loro che debbono mettersi a disposizione di Sanremo, e non viceversa, altrimenti si corre il rischio di un autoaffondamento. Sanremo, e qui ha ragione il direttore artistico (siamo tutti figli di Sanremo) appartiene al dna di questo paese che dopo la guerra e il dopoguerra grazie al festival ha riscoperto la voglia e la gioia di cantare. Il calcio è passione, sport, tifo. La canzone è sentimento, musica, poesia. Il calciatore prende a calci un pallone. Una canzone accarezza i nostri sentimenti. La differenza è questa qui e non è cosa da poco.