IL DIRETTORE DEL TEATRO DI ROMA SI SFOGA A NAPOLI

«Il teatro è soprattutto quello che si fa, più che quello che si scrive - ha detto Albertazzi - tra ciò che si scrive e ciò che si recita c'è una elaborazione di grande fantasia. La partecipazione dell'attore è enorme e determinante. Quando io cominciai non esisteva neanche la Siae». Niente più diritto d'autore dunque? «La mia è una boutade e una provocazione - ha poi specificato Albertazzi ai giornalisti - però contiene un punto di verità. I software e l'informatica hanno reso complessi i problemi relativi alla pirateria e all'abuso del diritto d'autore. Il rischio è che, in materia di diritto, una serie di norme in eccesso possano contribuire non allo sviluppo dell'opera dell'ingegno, ma allo schiacciamento e alla limitazione della creatività. La regolamentazione dei diritti - ha concluso Giorgio Albertazzi - spesso riguarda il mercato e la mercificazione del progetto e non la sua sostanza che è quella dell'identità dell'autore». Albertazzi ha voluto fare poi un riferimento all'attualità del settore teatrale. «Il teatro attraversa un momento difficile. Di crisi del teatro del resto si parla fin dal tempo di Sofocle, fa parte della sua natura interpretare la crisi - ha detto l'attore - il teatro è dinamico ed è sempre in movimento, in cerca sempre di nuove soluzioni per uscire dalle trappole». Secondo Albertazzi esiste «una difficoltà nella gerarchia teatrale. Oggi si tende a tornare alla centralità dell'attore e malgrado ci sia una carenza molto forte di protagonisti, il livello medio del teatro in Europa è migliorato». Frecciate, poi, per i nostri politici. «Nessun governo ha messo la cultura al primo posto. Il denaro è amministrato male. Ci sono abusi e privilegi che continuano ad essere perpetrati malgrado cambino i governi e i ministri». Albertazzi ha fatto riferimento a «favoritismi, amici degli amici, soldi dati a pioggia per accontentare tutti. Il denaro dato per far sopravvivere va dato a chi fa arte e non per accontentare gli amici per i voti». Albertazzi ha anche ribadito la sua proposta di creare un Consiglio delle arti, così come accade in Inghilterra, «che si ponga tra lo Stato e coloro che fanno teatro e cinema. Finchè non si arriverà a considerare un valore, così come facevano i greci, le cose andranno male».